
Il pacchetto di riforme varato dal Governo non ha ancora chiuso il cerchio sui commercialisti. La discussione, inserita all’ultimo punto dell’ordine del giorno del Consiglio dei ministri, è stata rinviata a una seduta successiva. Una scelta che non ridimensiona l’importanza del provvedimento, ma al contrario ne sottolinea la delicatezza: ridefinire regole e confini di una professione che conta oltre 118mila iscritti significa incidere direttamente sulla gestione fiscale e contabile del Paese.
La ricognizione delle competenze
Il cuore della riforma è la ricognizione delle competenze. Troppo spesso le attività dei commercialisti si sono sovrapposte con quelle di consulenti del lavoro e revisori, alimentando incertezze e conflitti. Il nuovo assetto normativo mira a stabilire confini più chiari e a valorizzare il ruolo specifico di chi supporta imprese e famiglie nella gestione economica, fiscale e societaria.
L'accesso alla professione
Un altro fronte cruciale riguarda l’accesso alla professione. La bozza predisposta dal Consiglio nazionale dei commercialisti prevede un percorso più selettivo e professionalizzante, con una maggiore integrazione tra università e pratica, così da assicurare competenze aggiornate e immediatamente spendibili. Parallelamente, la formazione continua viene rafforzata, anche per rispondere all’evoluzione normativa costante che caratterizza la materia tributaria.
Le società tra professionisti
Infine, la riforma tocca il tema delle società tra professionisti (Stp). L’obiettivo è semplificare le regole e incentivare le aggregazioni, soprattutto per sostenere i piccoli studi che faticano a reggere la concorrenza delle grandi realtà di consulenza internazionale.
In questo senso, il rinvio non appare come un passo indietro, ma come la volontà politica di arrivare a un testo condiviso e realmente efficace, capace di rispondere alle esigenze concrete di una categoria centrale per il tessuto economico italiano.