Lazio Ballardini si presenta: «Puntiamo in alto»

Corona un sogno Davide Ballardini, chiamato per la prima volta ad allenare una squadra di fascia superiore rispetto al passato. Beninteso, senza nulla togliere al Cagliari (portato a una salvezza miracolosa nel primo semestre dello scorso anno) e al Palermo, con cui è arrivato a un soffio dalla qualificazione all’Europa League quest’anno. Stavolta per lui è diverso, il club gestito da Claudio Lotito parte con un progetto dissimile rispetto a quelli proposti da Massimo Cellino prima e Maurizio Zamparini poi. Qua c’è da mettersi al timone di una squadra che fa parte della nobiltà europea (grazie al successo in coppa Italia) e che andrà a giocarsi perfino la Supercoppa italiana a Pechino, seppur contro lo schiacciasassi di Mourinho. Ma poco importa, il vecchio cuore biancoceleste ha voglia di sognare dopo un’annata che, se non fosse stata per la vittoria nella meno amata delle competizioni, sarebbe stata considerata “deficitaria”. E Ballardini, classe 1964, è uno che può contribuire a far viaggiare con la fantasia i tifosi. «Sono entusiasta di allenare in una grandissima società come la Lazio», ha esordito ieri durante la presentazione ufficiale. Poi ha aggiunto: «È vero che ci sono tante pressioni, ma sono positive. Si tratta di un percorso in crescendo, considerando le difficoltà che ci sono da superare. Questo è stimolante, e la Lazio deve avere chiaro un obiettivo, quello di essere sempre competitiva in qualsiasi manifestazione». Il ravennate, che ha portato a Roma quasi tutto il suo staff (manca solo l’allenatore dei portieri), ha analizzato i suoi trascorsi, spiegando ai cronisti di non preoccuparsi per la durata del rapporto con la Lazio. Da parte dell’erede di Sacchi (così come è già stato definito), c’è stata voglia di parlare del predecessore («Rossi lo conosco perché sono venuto a seguirlo quando ho fatto il corso da allenatore: è una persona che stimo molto e mi piace come lavora, stare quattro anni qua significa essere molto capaci») e di puntualizzare sul mercato: «Allo stato attuale è difficile dire chi rimarrà e chi andrà via. Non bisogna avere troppi giocatori, altrimenti si creano scontenti. Si deve avere un numero di giocatori: un paio per ruolo». È convinto del fatto suo («Mi sento di poter dare quello che sono come persona. Io e il mio staff dobbiamo trasmettere il valore, le idee e la grande passione che abbiamo nel lavoro.

Ho quattro aggettivi per descrivere la mia concezione del calcio: attenzione, divertimento, qualità e organizzazione») e consapevole delle attenzioni che ci saranno - diverse da quelle vissute nelle due isole - da parte di una piazza come quella romana: «Svolgeremo il nostro lavoro come sappiamo. La preoccupazione per l’ambiente non c’è, c’è solo grande rispetto perché dobbiamo rendere conto a tante persone che ci vogliono bene. Per questo cercheremo di dare il meglio di noi stessi».

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