Dal Lazio alla Calabria, la Lega conquista il Sud

Dopo i successi già ottenuti nelle Marche e in Sardegna il Senatùr vuole fare incetta di voti anche in Meridione. In centinaia chiedono di iscriversi e le sezioni si moltiplicano

Dal Lazio alla Calabria, la Lega conquista il Sud

Roma - «Sugnu leghista, leghista da lega nodd... Bellissimo è». Quella di Angela Maraventano, lampedusana eletta al Senato col Carroccio, fino a qualche tempo fa poteva sembrare solo una riuscita provocazione. La Lega Nord al Sud? Ma andiamo. Magari nelle isole, come la Sicilia appunto, terre di antiche rivendicazioni autonomiste, ma fuori di lì... Invece sta succedendo qualcosa, che Bossi, insieme a Maroni e Calderoli, sta tenendo attentamente sotto controllo. I telefoni della segreteria nazionale sono bollenti, da qualche tempo. Il Mezzogiorno, la «terronia», is calling, chiama e chiede. Centinaia di domande di adesione, nuovi aspiranti leghisti-sudisti domandano, vogliono aprire nuove sedi, sezioni meridionali, lontane mille miglia dal Po. Ne stanno spuntando una dietro l’altra, dalla Sardegna alla Puglia, dalla Calabria alla Campania, dal Molise in giù, e ovviamente in su, all’Abruzzo, alle Marche, all’Umbria.

Qualcosa sta cambiando, nella percezione della Lega Nord fuori dalla Padania propriamente detta. «I vecchi, magari, pensano agli slogan sul Sud di una volta, ma i giovani no, vedono che amministriamo bene e non rubiamo, e allora ci fermano e ci fanno un sacco di domande» spiega Fabrizio Pirina, coordinatore della Lega Nord Sardegna, anzi «Sardinia». Pirina è un giovane imprenditore-artigiano gallurese, che fa tappi di sughero e li vende alle grandi aziende vinicole padane, quelle venete in particolare. «È così che ho conosciuto Luca Zaia. Siamo diventati amici e una volta, tra il serio e il faceto, mi ha detto: “Perché non apri una sede della Lega in Sardegna?”. Bè, l’ho fatto davvero. All’inizio eravamo io e un amico pescatore». Ora in Sardegna la Lega ha 3mila iscritti, due assessori (a Tortolì) e quattro consiglieri comunali. Percentuale alle provinciali di quest’anno, 1,4% circa. Adesso, se si andasse al voto politico, «potremmo puntare al 2,5%» spiega il senatore Fabio Rizzi, commissario varesino dell’isola «padana», un esperimento voluto da Bossi in persona che si sta rivelando una mossa molto azzeccata.
La Sardegna è una delle due regioni su cui in un recente consiglio federale Bossi ha voluto «derogare» rispetto allo statuto della Lega, che prevede la presenza del simbolo del partito solo nel centro-nord. L’altra regione è l’Abruzzo, dove la Lega ha aperto ufficialmente sedi in tutte le province. Lì il Carroccio è addirittura sopra il 3%, e in crescita. Come in Umbria e Marche, coordinate dal deputato leghista Luca Paolini, dove si viaggia sul 5%-6% (alle ultime regionali hanno eletto due consiglieri regionali nelle Marche col 6,3, e uno in Umbria col 4,3). Numeri enormi se si considera che sono territori vergini per il partito di Bossi.

Con le percentuali che la Lega riuscirebbe a portare a casa tra Abruzzo, Marche, Sardegna, Umbria e altre regioni extra-padane, il Carroccio punta a sfondare tutti i record storici in una eventuale (e sperata) elezione autunnale o primaverile. La novità, allo studio del Senatùr, riguarda però nuove regioni nelle quali, come già successo alle europee 2009, potrebbe sbarcare l’Alberto da Giussano. Il Lazio, la Calabria, la Campania, la Sicilia, la Puglia, il Molise, la Basilicata, per adesso non comprese nell’organigramma regionale della Lega Nord. Ma potrebbero esserci cambiamenti repentini, anche perché qui i numeri e i segnali che arrivano dal territorio incoraggiano altre mosse ardite, come quella sarda e quella abruzzese. Molte sedi già ci sono. Da Caserta a Crotone, da Viterbo a Terni, da Mottola (Taranto) a Reggio Calabria, dove la coordinatrice provinciale Carmela Santagati si è presentata alle Europee per la Lega con questo slogan: «Sud, fieri di esserlo, orgogliosi di dimostrarlo».

In Basilicata i promotori delle sezioni leghiste tra Campobasso e Matera hanno rispolverato il mitico manifesto con la gallina dalle uova d’oro e una grassa donna (Roma ladrona) che prende il maltolto, ma con l’aggiunta di uno «Sveglia lucano!». Certo, in Lucania, in Campania (dove è forte l’effetto Maroni, i successi nella lotta alla camorra), in Puglia e nel resto del profondo Sud le percentuali leghiste sono ancora modeste, ma sempre clamorose se si pensa al contesto. Il problema, che ritarda ancora la partenza ufficiale al Sud, è l’arruolamento dei nuovi militanti, su cui vige una regola ferrea.

«Non vogliamo transfughi da altri partiti che cercano di riciclarsi, meglio se non hanno esperienze politiche, per non rischiare di trovarsi poi magari invischiati in strane storie...» spiega Rizzi. Insomma, qui prima di fare la Padania (del Sud) occorre fare, o quantomeno selezionare, i padani (del Sud).

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