Lazio, lo stadio a Fiumicino piace a Veltroni

L’unica cosa certa, per ora, è che il «Delle Aquile» si farà entro il 2011. Il problema è capire se i tifosi della Lazio riusciranno ad evitare la scampagnata, appiglio per l’inevitabile sfottò del cugino giallorosso. Dopo l’ipotesi della spianata di Valmontone ieri è arrivato l’avallo di Veltroni per Fiumicino. Neanche troppo lontano, una trentina di chilometri dal centro cittadino, ma pur sempre fuori porta. Svanita la possibilità di ritinteggiare di biancazzurro il Flaminio, per il gran rifiuto di Lotito, non sembra ci siano alternative al chilometrico trasloco.
«Bisogna intendersi se si vuole fare uno stadio o si vuole costruire una città. Una città c’è già e si chiama Roma - ha precisato il primo cittadino -. Se si vuole invece costruire uno stadio, l’area migliore possibile l’ha individuata il sindaco di Fiumicino e noi siamo disposti a supportarla. Tutto il resto mi sembra conti poco. Canapini, che peraltro fa parte di un altro schieramento ma è una persona molto corretta, mira a supportare con eventuali strutture uno stadio a Fiumicino, che sarebbe fantastico dal punto di vista della collocazione».
Quando si parla di calcio anche Veltroni, sempre più ambasciatore di pace politica, rischia brutto. Oggi in città si parlerà di Champions (alle 20,45 l’esordio in Grecia contro l’Olimpiacos), domani di campionato. Ma presto la questione del nuovo stadio diverrà campale. Prova ne è stato il fiammeggiante faccia a faccia tra il presidente del Coni Gianni Petrucci e Claudio Lotito a «Cuore di Calcio» su Gold Tv. Al momento Lotito vuole giocare in casa e punta dritto su Valmontone. L’impianto prevede una capienza di 53.000 posti e una semicopertura dotata di sistemi fotovoltaici per l’accumulo di energia. In termini di comfort e fruibilità, lo «Stadio delle Aquile» farebbe la sua figura.
Siamo solamente al plastico, ma guarda caso arrivano già i primi appelli dei tifosi doc a resistere. Gianni Elsner cambia parere su Lotito e non appoggia il fuori Roma. Michele Plastino invita alla capienza piena col Parma per far capire che non c’è trippa per gatti.

E il portavoce della «lazialità», il giornalista Guido De Angelis presenta il conto: «Se c’è una cosa che portiamo come vanto, da 107 anni, è il fatto di essere nati a Roma il 9 gennaio 1900 e di essere stati i primi a portare il calcio in città. Dopo 27 anni, in ritardo cronico, arrivarono loro. Non scherziamo, la Lazio deve restare a Roma, nella vecchia casa dove siamo nati: il Flaminio». Siamo solo all’inizio.

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