Roma

Lazio: sul tifo a perdere ci sono precedenti che devono far riflettere

Caro Direttore,
sono colpevole, lo confesso: io, laziale doc e sanguigno, la cui stella polare calcistica è rappresentata da un mitico articolo scritto da Guido Paglia (già vicedirettore di questo prestigioso quotidiano) in occasione del centenario della Lazio, “L’orgoglio dell’aristocrazia”, ho tifato contro la mia Lazio, mi sono augurato la vittoria dell’Inter per scongiurare l’eventualità di uno scudetto giallorosso che tra le altre cose giudico pericoloso per le sorti della pulizia murale della città. Sono laziale e antiromanista, così come nelle fila dell’altra sponda ci sono moltissimi romanisti antilaziali. Le scrivo questa lettera perché dopo giorni di attacchi anche violenti ai colori sportivi che amo, alla mia squadra e ai tifosi appassionati come me, sono stanco delle molte ipocrisie e, mi permetta, anche di tante menzogne.
Solo chi non è stato all’Olimpico quella sera può aver parlato di clima irrespirabile e di “intimidazioni” al portiere Muslera, quando anche i muri – per ora miracolosamente puliti – della mia città sanno che la canzoncina «mettete a sede’, Muslera mettete a sede’» era assolutamente goliardica e cantata sul filo dell’ironia, dote che sembra non appartenere ai molti soloni che in questi giorni hanno straparlato e a quanti speravano sul favore degli odiati e sbeffeggiati – fino a domenica pomeriggio - cugini. Così come ironico – e straordinariamente geniale – era lo striscione “Oooh nooo” esposto dopo il gol dell’Inter. Non credo neanche possa costituire apologia di reato la scritta «Bidibi-bodibi-bu, lo scudetto non c’è più». Al massimo potrei risentirmi perché l’imprudente che ha composto questa strofa non sa neanche da che parte stia la scaramanzia. Vogliamo parlare dei tifosi laziali che esultavano al gol dell’Inter? Erano tutti con il sorriso sulle labbra perché il clima era goliardico. L’esatto contrario di quello che si è vissuto l’altra sera durante la finale di coppa Italia. Detto ciò, m’indignano profondamente le troppe persone e i molti addetti ai lavori che sulla vicenda hanno dimostrato un eccessivo senso della morale, una memoria fin troppo corta e una parzialità davvero sfacciata. Potrei citare una lunga serie di esempi in cui la Roma ha avuto un comportamento analogo a quello contestato con tanta virulenza nei confronti dei biancazzurri. Al termine dei molti campionati conclusisi con i famigerati “ssssero tituli”, sulle spoglie dei giallorossi hanno potuto passeggiare comodamente squadre che così si sono salvate dalla B, hanno ottenuto il lasciapassare per competizioni importanti o hanno addirittura vinto scudetti. Non è anche questo un falsare le competizioni?
Rimanendo nella stretta rivalità stracittadina, nel 1973 i giallorossi spalancarono le porte al tricolore della Juventus, guarda caso danneggiando proprio la Lazio. Pochi anni più tardi furono presi letteralmente a pomodorate dai propri tifosi per avere pareggiato una partita contro l’Ascoli, che vincendo avrebbe mandato in B la Lazio. Di esempi ne possiamo fare tanti, ma il punto è un altro.

Da quando esiste il calcio, esiste la rivalità e questo non è un “patrimonio” solo italiano.
segue a pagina 50

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