Possiamo stare tranquilli. Walter Veltroni - tuttora sindaco di Roma in vista di futuri fulgidi destini - è attento ai problemi del Paese, e duno di essi si sta occupando con grande intensità. È il problema della morte di Pier Paolo Pasolini, la notte tra luno e il 2 novembre del 1975. La conoscenza di Veltroni con Pasolini è stata occasionale: lo vide - Veltroni tredicenne o quattordicenne - perché seguiva con curiosità, nella stagione sessantottina, alcune riunioni studentesche del liceo Tasso. Adesso Veltroni aderisce, con la sua autorità, a una «controindagine» sullassassinio dello scrittore. Il delitto dellidroscalo di Ostia, ha detto Veltroni ad Aldo Cazzullo del Corriere della Sera, «è un mistero indagato in libri e film. Ora noi chiediamo alla magistratura di andare sino in fondo».
In realtà, oltre che da libri e film, quel mistero è stato indagato, proprio dalla magistratura, in una serie di processi pubblici, nei quali sono state ascoltate tutte le possibili testimonianze e sviscerati tutti gli scenari plausibili. I giudici sono approdati alla conclusione che lo scempio orribile di Pasolini sia appartenuto alla macabra ritualità degli ammazzamenti domosessuali: ed hanno individuato il colpevole in un ragazzo di vita romano, Pino Pelosi detto «la rana»: che ha scontato diversi anni di prigione, e che ha ripetuto a lungo dessere lunico responsabile del crimine. Nel 2005 ha mutato versione. Lomicidio di gruppo avrebbe avuto un punitivo sfondo politico nei confronti di Pasolini, uomo di sinistra, e Pelosi avrebbe taciuto perché terrorizzato dalle minacce rivolte a lui e alla sua famiglia. A molti volonterosi lattendibilità del Pelosi è parsa indubitabile. Da lì lincarico dato dal Comune di Roma allavvocato e senatore ds Guido Calvi perché chieda e ottenga «una nuova inchiesta e un vero processo». Dovendosi evidentemente intendere, con lavallo di Walter Veltroni, che i precedenti processi fossero inquinati, e che le sentenze emesse fossero adulterate.
A Cazzullo - che è un bravissimo giornalista ma che in questa occasione non ha incalzato il suo interlocutore con obbiezioni ovvie - Veltroni confida che il suo desiderio di riaprire il caso non riguarda solo la giustizia e la storia, ma la politica perché «la fine di Pasolini fu uno degli spartiacque di quella stagione». E questo «è un motivo in più per scoprire la verità». Negata nei processi falsi, roba degna del non rimpianto Vishinski, pubblico accusatore nellUrss staliniana. È che se una sentenza non convince Walter Veltroni e, orrore, nemmeno Dacia Maraini, Andrea Camilleri e Gianni Borgna, si tratta sicuramente di fuffa. E poi ci sarebbe anche il romanzo «Petrolio» che adombra - oltre alla desolante realtà di abbiezioni sessuali - anche un nesso con la morte di Enrico Mattei, il petroliere per eccellenza. Altro che Pelosi.
Questo rimestare nel fango dun fait divers piuttosto banale alla ricerca di retroscena tenebrosi - laffiorare della P2 e dei servizi segreti è immancabile - rientra nella più logora ripetitività di certe recite italiane: che vengono alimentate anche quando non hanno un minimo di fondamento. Accade perfino che per dare sostanza alla trama del complotto contro Pasolini - «Pelosi fu solo lesca» - venga riproposta positivamente, dalla sinistra, una fantasiosa e sballata ricostruzione di Oriana Fallaci, demolita dalle risultanze processuali. Centinaia di intellettuali italiani e stranieri hanno risposto allappello di Veltroni per la controindagine: queste chiamate alle armi hanno sempre molto successo, centinaia furono anche coloro che sottoscrissero un documento contro il «commissario torturatore» Calabresi.
Landazzo dellinchiesta infinita e successiva alle tappe processuali normali - inchiesta che non otterrà alcun risultato concreto, ma servirà a diffondere sospetti e accuse - è così consueto che non lavremmo rilevato se non fosse per lintervento, in prima persona, di Walter Veltroni.
Mario Cervi
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