Controcultura

L'ecologismo rosso oppone uomo e natura

La difesa dell'ambiente è il nuovo comunismo, rivolto però ai ricchi. E contro l'Occidente

L'ecologismo rosso oppone uomo e natura

In una società sempre più secolarizzata, una nuova religione si aggira per l'Occidente: l'ambientalismo radicalizzato. Citando il celebre incipit del Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels, potremmo definirlo uno spettro contro cui si sono coalizzate tutte le persone di buonsenso. Già, perché il nuovo ambientalismo non solo rappresenta una delle principali espressioni della tirannia delle minoranze, ma assume il carattere dogmatico tipico delle religioni tradizionali per cui non può essere messo in discussione o contestato. Tra le battaglie ideologiche delle minoranze radicalizzate, quella ambientale è una delle più pervasive perché ha anche un forte impatto politico che influenza la vita di ognuno di noi. Alla base di questo approccio radicale c'è la volontà di mettere in discussione usanze, tradizioni, simboli e, più in generale, l'identità che caratterizza lo stile di vita europeo e occidentale come testimoniano leggi, regolamenti e direttive europee approvate «per il bene dell'ambiente». Le conseguenze di questo ambientalismo ideologizzato vanno perciò analizzate, ancor prima che da un punto di vista politico, da una prospettiva culturale poiché, alla base di determinate scelte e posizioni, si nasconde una precisa finalità e visione del mondo caratterizzata da alcuni punti fermi.

In primis un approccio globale al tema ambientale che non tiene in considerazione le esigenze delle comunità locali sintetizzato nel celebre slogan «pensare globalmente, agire localmente» che andrebbe invece invertito in «pensare localmente, agire globalmente», ovvero considerare l'ambiente come un tema che parte dal locale ancor prima che dal globale, come spiega Roger Scruton in Green Philosophy. L'ecologismo o, per meglio dire, la conservazione della natura nata dalle tradizioni locali, è rappresentata dalle opere e dal pensiero di due scrittori: Gustave Thibon e Wendell Berry. Filosofo contadino il primo, profeta dell'America rurale il secondo, due figure differenti sotto tanti punti di vista, ma accomunate da una visione che tiene insieme uomo e natura.

Arriviamo così a un'altra caratteristica dell'ambientalismo ideologizzato: l'uomo concepito come un nemico della natura, messo sul banco degli imputati e colpevolizzato per le sue azioni. Da qui la visione neomalthusiana secondo cui siamo in troppi sul pianeta ed è necessario diminuire il numero di uomini sulla Terra. Un approccio contrario a quello cristiano che concepisce uomo e natura come parte di un tutto, il Creato, come scritto nella Bibbia ma anche in contraddizione con una visione della natura cara alle civiltà tradizionali. Nell'antichità la natura aveva una sua sacralità, non è un caso che il pantheon degli dei romani fosse costituito da divinità che si rifacevano a elementi naturali come il vento, i mari, la caccia, mentre i boschi sacri rappresentavano un luogo di culto. Ognuno degli dei aveva una sua peculiarità: i Lari proteggevano i campi, Pale il pascolo, Cerere il grano, Saturno la semina, Pomona i frutti, Consus e Opi la mietitura in un legame tra uomo, natura e divinità indissolubile. Oggi invece la visione antiumana va di pari passo con quella catastrofista che non può essere messa in discussione, pena essere etichettati come «negazionisti climatici», un'accusa che gli ambientalisti ideologizzati utilizzano con leggerezza distribuendo patenti su chi abbia o meno il diritto di parlare di ambiente. Solo far notare che alcune previsioni allarmiste degli anni passati sono state smentite dai fatti, è sufficiente per far scattare l'accusa di negazionismo. Come spiega Michael Shellenberger, autore del libro L'apocalisse può attendere. Errori e falsi allarmi dell'ecologismo radicale, aver ammantato di fatalismo ogni discussione sul tema, fa sì che ogni proposta estranea alla retorica della «decrescita felice» e dello «sviluppo sostenibile», sia rigettata a priori. Da qui la critica a quella che definisce la «nuova religione ecologista», mettendo in guardia da chi propone soluzioni semplicistiche.

Torniamo così al punto di partenza e alla concezione dogmatica dell'ambientalismo ideologico, definito da Giulio Meotti nel suo libro Il dio verde. Ecolatria e ossessioni apocalittiche «il nuovo oppio dei popoli dell'Occidente post-cristiano». Come ogni religione che si rispetti, anche l'ecologismo radicale ha i suoi profeti rappresentati dai militanti dei Fridays for future, di Extinction Rebellion e dagli eco vandali di Ultima Generazione che, in nome dell'ambiente, bloccano le strade, sgonfiano le gomme delle automobili, deturpano monumenti e opere d'arte. Non è un caso che le minoranze ambientaliste radicali prendano di mira luoghi e simboli con una valenza culturale, l'intento delle loro azioni è mettere in discussione il nostro stile e modello di vita colpendo perciò le identità locali e nazionali. A finire sul banco degli imputati è l'Occidente attraverso un'auto colpevolizzazione che accomuna la tematica ambientale alle altre tirannie delle minoranze a partire dalla cancel culture. Come scrive la studiosa francese Bérénice Levet nel suo libro L'Écologie ou l'ivresse de la table rase, c'è un fil rouge che lega ambientalismo, decolonizzazione, teoria critica della razza, lotta al patriarcato. Sono i temi che caratterizzano la sinistra radicale e, secondo il filosofo francese Robert Redeker, «l'illusione progressista è cambiata nei contenuti: è passata dal comunismo all'ecologismo». Se il comunismo, almeno a parole, si rivolgeva alle classi popolari, l'attuale ambientalismo è invece contrario alle esigenze sociali dei ceti più deboli e promuove una transizione ecologica per ricchi.

Alla luce di questo scenario, occorre evitare che il tema dell'ambiente diventi una prerogativa solo di queste minoranze favorendo una visione che non mette in contraddizione la conservazione della natura con i temi socio-economici, le tradizioni e l'identità.

Un approccio di buonsenso che difenda anche le esigenze dell'uomo attraverso un dibattito aperto anche a voci critiche di quello che appare sempre di più un pensiero unico a tinte rossoverdi.

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