«La Lega è un alleato fedele ma non si prenda tutti i meriti» Il governatore lombardo: «Il referendum elettorale? Un problema Ma Bossi non abbia paura, diamo pure la parola ai cittadini»

RomaPresidente Roberto Formigoni, lei è stato tra i più applauditi. Se l’aspettava?
«Non in quelle proporzioni. Ma ho l’orgoglio di dire che conosco la mia gente, il Popolo della libertà».
Un tifo da stadio: erano tutti supporter del Nord? Insomma, solo i suoi?
«Hanno applaudito tutti: del Nord, del Centro e del Sud».
Dica la verità: del Centro un po’ meno.
«No, tutti. La standing ovation, che non m’aspettavo, c’è stata quando ho detto che siamo un partito che deve parlare e parla a tutti. E poi persino Alemanno ha ripreso parte del mio discorso».
Chi è la vostra gente?
«Siamo una forza riformatrice e popolare che parla ai ceti popolari e al ceto medio. Agli artigiani, agli insegnanti, agli operai, agli imprenditori».
Vale ancora la ricetta “meno Stato in economia”?
«Siamo per la libera impresa ma anche per un’economia sociale di mercato. Qualche regola ci vuole».
Parole sue: «La Lega la smetta di essere di lotta e di governo». Gli amici del Carroccio sono irritati.
«Ma no, nulla di grave. Dopo il discorso mi ha perfino telefonato Calderoli: tutto a posto».
Oddio, qualche frizione c’è.
«Dico soltanto che il Carroccio non può dire che le cose buone sono fatte da loro e quello meno buone da Berlusconi».
Fanno così?
«Qualche volta. Ma la Lega non deve neppure dare l’impressione di trattare da sola con l’opposizione. E lo dico io, presidente di una Regione dove i rapporti con il Carroccio sono tra i migliori».
Rivendicano la loro diversità di partito del territorio. Legittimo, no?
«Riconosco loro molti meriti: ci insegnano la militanza, battono palmo a palmo il territorio, sono bravi. Spesso scuoto i miei: sveglia, facciamo come loro».
La Mussolini dice che la Lega dovrebbe entrate nel Pdl. Concorda?
«La vedo dura, anche se nel nostro futuro c’è il bipartitismo: ma ogni cosa a suo tempo. Di certo la Lega resta e resterà nostro fedele alleato».
Alleato con qualche mal di pancia. Il referendum, per esempio.
«Sì, questo costituisce un problema, non lo nascondo. Capisco che Bossi sia contrario ma non deve aver paura. Si voti il 7 o il 21 giugno, diamo la parola ai cittadini».
Come se ne esce?
«Discuteremo tutti insieme con franchezza e serenità ma il referendum è l’istituto democratico per eccellenza».
Piaciuto il discorso di Fini?
«Moltissimo. Ci siamo parlati al telefono e ci siamo elogiati reciprocamente».
Piaciuto proprio tutto? Anche il passaggio sui temi etici?
«La parte sul testamento biologico no. E gliel’ho pure detto».
E lui?
«Nessun dramma: ha ammesso di essere in minoranza nel partito».
Discorso sulla leadership...
«Aahh... Stucchevole. Il leader è Berlusconi, ma non perché si sia autoincoronato: l’ha incoronato il popolo».
Sì, ma nell’eterno balletto Berlusconi-Fini, se ci mettessimo pure un terzo, tipo Formigoni?
«Eh eh, vedremo. Quando Berlusconi sarà al Colle...».
Insomma, ci sta?
«A suo tempo ne discuteremo».
Primarie?
«Perché no? Decideranno gli elettori. Io, per esempio, non sono contrario che alle Europee, dove c’è il voto di preferenza, si presentino tutti: e lì si vedrà il consenso di ognuno».


Stufo di fare il governatore?
«Affatto, ogni giorno si affrontano problemi nuovi e sarei pure pronto a un quarto mandato».
Rapporti con l’Udc?
«Porte spalancate: naturalmente dovrebbe stare con noi. L’elettorato è lo stesso e Casini dovrebbe convincersi che non c’è alcuno spazio per il terzo polo».

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