La Lega Araba ha deciso di non decidere. La due giorni di Riad attesa come la svolta cruciale per uno storico negoziato con Israele si è infilata nel solito vicolo cieco. I capi arabi hanno deciso di ignorare lofferta di negoziati diretti arrivata del premier israeliano Ehud Olmert accontentandosi di approvare lo stesso piano di pace saudita già adottato nel 2002.
La proposta, interessante perché propone un riconoscimento dello Stato ebraico da parte di tutte le nazioni arabe in cambio di uno Stato palestinese sui confini del 67, non ha, nella forma attuale, nessuna possibilità di decollare.
La Lega Araba non ha infatti introdotto il minimo accenno ad aperture o negoziati per modificare le parti del piano basate sul diritto al ritorno dei profughi palestinesi in Israele e sullimmutabilità dei confini del 67.
La Lega non sembra disposta, dunque, a rendere più appetibili le parti già definite inaccettabili da Israele e Washington. Le ambiguità del summit non finiscono qua. Il punto della dichiarazione finale che sottolinea il rischio di una proliferazione nucleare, ma ribadisce il legittimo diritto allenergia atomica per ogni nazione è un altro capolavoro dipocrisia.
Preoccupati della corsa al nucleare di Teheran e dellegemonia politico militare iraniana sulla regione i capi arabi rivendicano il diritto a intraprendere la corsa atomica, ma negano di volerlo fare per scopi militari. Decisi a imitare il nemico israeliano e lavversario iraniano i capi arabi, sauditi ed egiziani in testa, scalpitano per aprire laboratori di arricchimento delluranio, ma ribadiscono di voler inseguire solo scopi civili e pacifici. La proliferazione riguarda, insomma, solo le già esistenti armi atomiche israeliane e quelle futuribili della Repubblica islamica.
Lultima speranza per chi a Riad si attendeva svolte epocali sono gli accordi segreti. Archiviata lidea di delegare le trattative con Israele a un comitato di Paesi moderati formato da Arabia Saudita, Egitto, Giordania ed Emirati la Lega potrebbe surrettiziamente mantener viva lidea. Si tratterebbe però delle consuete trattative segrete già dimostratesi inadatte a ottenere risultati. Resterebbe irrisolto inoltre il problema della Siria decisa a non riconoscere lo Stato ebraico in mancanza di un accordo sulle alture del Golan.
In questo clima il summit si è concluso in un crescendo di accuse utili per garantire la compattezza dei Paesi arabi e per trasmettere un messaggio gradito a delle opinioni pubbliche sempre più anti-americane e anti-israeliane. «Continuando a ignorare le più realistiche offerte di pace Israele sottopone non solo se stesso, ma lintera regione al rischio di ripercussioni imprevedibili» ha avvertito il ministro degli Esteri saudita Saud El Feisal.
Il presidente palestinese, pur ribadendo il rischio di unimpennata della violenza in casi di rifiuto israeliano, è stato lunico ad accennare alla trattativa: «Speriamo che il summit porti ha detto Abbas - alla formazione di un comitato guidato dalla monarchia saudita per permettere lapplicazione delliniziativa araba». Una speranza condivisa dal vice premier israeliano Shimon Peres che ha rinnovato la disponibilità israeliana a una trattativa diretta.
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