La Lega candida l’orefice di via Ripamonti Il Pdl: «Tolleranza zero contro la criminalità»

IN LISTA Giuseppe Maiocchi nel 2004 subì una «spaccata» e uno dei delinquenti fu ucciso da suo figlio Rocco

In campo alle Provinciali per la sicurezza, con la Lega Nord. «Non sono un simbolo, voglio solo lottare per la sicurezza», si schermisce Giuseppe Maiocchi, e assicura: «È solo una coincidenza se la candidatura è stata annunciata dopo i fatti di Cinisello Balsamo, io ho deciso da un mese, e le mie idee sono vicine a quelle della Lega da 20 anni». Nel 2004 Maiocchi subì una rapina: un montenegrino entrò con una «spaccata» nella sua gioielleria di via Ripamonti. Il figlio sparò e uccise il malvivente. Sono stati entrambi condannati con la condizionale: lui a un mese per lesioni colpose, il figlio a un anno e sei mesi per omicidio colposo. La pubblica accusa aveva chiesto per entrambi una condanna a 10 anni di reclusione. «Nessuno è nato per uccidere - ha ribadito lui - i rimorsi resteranno per tutta la vita. Però continuo a ritenere che ero in pericolo e, quando mi chiedono se lo rifarei, rispondo che in una situazione di pericolo è diritto di una persona difendersi. Oggi nessuno può dirsi davvero sicuro». «Non c’è proporzione - ha aggiunto - l’aggredito è trattato peggio di chi aggredisce. Il buonismo? È assurdo che ci sia per chi commette reati, e mai per chi li subisce».
La corsa di Maiocchi non è l’unica testimonianza per la sicurezza su cui la Lega ha deciso di puntare. Il capogruppo a Palazzo Marino Matteo Salvini parla della «riscossa delle persone normali, mentre altri partiti candidano nani e ballerine». L’altra testimonianza è quella di Antonio Petrali, 47 anni, figlio di Giovanni, il tabaccaio che il 17 maggio 2003 sparò sette colpi di pistola fuori dal suo negozio di piazzale Baracca, uccidendo un rapinatore e ferendo il suo complice, in fuga con 1000 euro dell’incasso. «Radolli - dice oggi Antonio Petrali - non può che avere tutta la nostra solidarietà. È ora di finirla. Cento volte ha la peggio la gente come noi. Se una volta reagisce, ed è l’aggressore che ha la peggio non lo si può certo biasimare». Il capodelegazione della Lega Nord in Regione, Davide Boni, li definisce «segnali che la Lega sta dando alla città e al Paese, perché i cittadini si riapproprino anche attraverso movimenti politici come la Lega del governo del loro territorio».
D’accordo sul «sentimento diffuso di insicurezza» anche Guido Podestà, candidato del Pdl alla presidenza della Provincia: «Da un lato - dice - anche con la presenza dei soldati nelle città e un miglior coordinamento delle forze di polizia i dati dicono che i delitti sono un po’ diminuiti. Ma la percezione di insicurezza dei cittadini aumenta». Per Podestà c’è anche «un coinvolgimento di responsabilità da parte della magistratura perché si renda conto di ciò che veramente vogliono i cittadini».

«Se non vogliamo che si generino fenomeni di xenofobia verso coloro che vengono nel nostro Paese nel rispetto delle nostre leggi - aggiunge - bisogna che sia chiaro che la tolleranza zero rispetto all’illegalità è assoluta per tutti, italiani e non».

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