Da Torino, Stati generali della Lega, Roberto Maroni batte un colpo: «Prima il Nord».Da Milano,convegno della fondazione Liberamente, Angelino Alfano ribatte: «Il Nord per l’Italia». Roberto Formigoni propone la macroregione e Roberto Maroni, sempre lui, replica con l’euroregione. Si duella a colpi di tasse da ridurre, imprenditori da sostenere, Equitalia da esorcizzare. Obiettivo Nord:Lega e Pdl hanno lanciato la campagna d’autunno in vista della primavera, quando si voterà il nuovo Parlamento. Stesso terreno, medesimi argomenti, bersaglio unico ma molto mobile: i disorientati elettori di centrodestra. È strana questa contesa tra partiti nemici-amici come Red e Toby. Soltanto due anni fa l’asse BerlusconiBossi ha conquistato Piemonte, Lombardia e Veneto: con l’aggiunta del Friuli Venezia Giulia rappresenta la mitica Padania. Da Milano a Venezia, da Torino a Trieste, le regioni reggono anche se gli scrolloni sono frequenti. Se Flavio Tosi auspica che in Lombardia si vada presto a eleggere l’erede di Formigoni, c’è immediatamente qualcuno del Pdl che mette in guardia: cadranno anche Cota e Zaia. Non sono scosse di assestamento, la tensione sotterranea si sente, ma lo sciame sismico non ha ancora aperto crepe pericolose nei palazzi del potere nordico. L’alleanza Pdl-Lega, sfasciata a Roma con la caduta di Silvio Berlusconi e l’arrivo di Mario Monti, ha invece resistito tra il Po e le Alpi.
Più facile sarebbe stato togliere la poltrona a qualche sindaco. Ma la maggioranza che ha retto a lungo il governo centrale ha tenuto anche nei capoluoghi, grandi e piccoli. Da Biella a Pavia, da Varese a Gorizia, da Bergamo a Treviso a Verbania, Pdl e Lega continuano ad amministrare insieme nonostante la spaccatura su Monti. Una sola giunta settentrionale di centrodestra è caduta negli ultimi mesi, quella di Imperia, ma a causa delle inchieste della magistratura ligure, non dei litigi tra ex alleati.
A guardare la mappa del potere locale nella zona più vitale del Paese, nulla sembra cambiato. Pdl e Lega governano il Nord, la coalizione si conserva. L’unica eccezione è stata Verona, dove regna il delfino del nuovo leader leghista, Flavio Tosi, il primo che ha contestato apertamente Bossi fino a imporgli la propria linea (una lista a suo nome alleata al Carroccio) facendo così da battistrada alla rivoluzione di Maroni.
Per restare sindaco non ha voluto farsi affiancare dal Pdl, spalancando invece le braccia a una nutrita pattuglia di ex berlusconiani. Ora, da neo segretario regionale veneto, Tosi vorrebbe esportare il modello, aprire il Carroccio, lanciarlo verso nuove alleanze invece che rinchiuderlo ad adorare il dio Po.
L’operazione «Prima il Nord» lanciata da Maroni è molto rischiosa: trasformarsi nel primo partito a Settentrione, una sorta di Csu bavarese con cui la Cdu è obbligata a fare i conti, significa rubare voti al Pdl senza interrompere le esperienze di governo locale in atto, comprese quelle minacciate dai fascicoli giudiziari: prima Milano e ora Torino. L’impresa richiede doti non comuni di equilibrismo. La sfida è comunque lanciata. Nella città della Fiat il segretario della Lega ha attirato personaggi mai visti a raduni padani: il presidente di Confindustria, un ministro come Passera, il segretario della Cisl, professionisti della comunicazione, un’importante platea di imprenditori. La Lega sembra guardare al centro ma si tiene le mani libere, al punto da mandare l’incursore Tosi alla festa dipietrista di Vasto. Un gioco a tutto campo: Maroni come Zeman?
Uomini d’azienda,comunicatori, professionisti: la Lega va a pescare nel bacino del Pdl, è evidente. Alfano ha replicato attraverso la fondazione Liberamente degli ex ministri Mariastella Gelmini e Paolo Romani; anch’egli ha radunato produttori e amministratori. I temi sono analoghi alle nuove parole d’ordine del Carroccio: macroregione settentrionale, riduzione fiscale, ridimensionamento del ruolo dello stato. Il Pdl era partito prima di Maroni, avendo radunato lo stato maggiore del Nord a Verona il 10 settembre, tuttavia è necessario ribattere colpo su colpo alle camicie verdi per non perdere consensi nel proprio blocco sociale.
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