La Lega lascia le mani libere ma Bossi non andrà a votare

RomaBossi non voterà i referendum. Quindi? Quindi due cose. Da una parte la Lega non incita il suo elettorato a concorrere al quorum, evitando una linea precisa. Dall’altro l’astensionismo bossiano, e dei vertici leghisti in generale, nasconde un’ambiguità di fondo. La Lega, se dovesse dire apertamente la sua su nucleare e acqua pubblica, sarebbe a favore dell’abrogazione, cioè per il «sì» ai quesiti. Ma questo accenderebbe una nuova miccia dentro la maggioranza, perciò la «libertà di coscienza» è la non-linea di via Bellerio. Un accenno di campagna referendaria si è visto sulla Padania, organo del partito, con una paginata «L’acqua è un bene pubblico» in cui si spiega che «sui beni primari il Carroccio pone il paletto della tutela del cittadino», cioè aboliamo il decreto Ronchi.
Poi le dichiarazioni dei capi leghisti si sono fatte più interlocutorie, come quella di Angelo Alessandri, presidente della commissione Ambiente alla Camera, che «forse» andrà a votare il primo quesito sull’acqua pubblica, mentre quello sul nucleare è inutile perché «all’indomani di Fukushima avevamo detto che bisognava togliere il programma nucleare, e l’abbiamo tolto». «Da quel che mi risulta Bossi non andrà a votare» assicura Marco Reguzzoni capogruppo della Lega alla Camera. «Sulle consultazioni dei referendum la linea della Lega è la libertà di coscienza, ciascuno decide come meglio crede». L’intento della Lega è quello di «depoliticizzare l’appuntamento referendario: sia se verrà raggiunto il quorum, sia se non verrà raggiunto, non ci considereremo sconfitti o vincenti» spiega Reguzzoni.
Come al solito nella Lega sono i veneti a essere più chiari, e da Luca Zaia arriva la conferma della vera linea leghista: «Non ne ho mai fatto mistero, da parte mia, per i referendum sull’acqua e il nucleare, arriveranno altrettanti sì». Precisando subito dopo, per evitare fastidi, che la sua è solo «una posizione personale». Ancora più diretto è stato il sindaco di Varese, appena rieletto, Attilio Fontana, uno molto seguito nella Lega. Lui voterà «due sì» sull’acqua, e come lui probabilmente molti altri leghisti.
Sul nucleare in verità la Lega ha covato qualche progetto nel recente passato. Il cosiddetto «nucleare padano», uno dei dossier che il Carroccio ha portato avanti insieme a quelli su banche, fondazioni e municipalizzate. L’uomo chiave del «nucleare padano» è Bruno Caparini, esperto di impiantistica nucleare, padre di Davide Caparini deputato e direttore di Telepadania. Caparini senior, fidatissimo di Bossi, siede (ovviamente in quota Lega) nel consiglio di sorveglianza di A2A, società interessata (sulla spinta del presidente Giuliano Zuccoli) alla creazione di un consorzio per lo sviluppo del nucleare italiano, alternativo al duopolio Enel-Edf. Per un certo periodo sembrava potessero essere gli americani della Westinghouse i partner industriali di A2A, poi tutto si è fermato. La Lega si è interessata a questo progetto, anche se cozza con altri interessi (elettorali) del partito di Bossi, quelli rappresentati dal «territorio», che poi vota, e che non vuole le centrali «sotto casa». Per questo i governatori leghisti, Cota oltre a Zaia, hanno ripetuto più volte di non volere l’atomo in casa loro.
E sul legittimo impedimento? Qui la Lega è favorevole alla norma, quindi contraria al quesito referendario.

Quando lo «scudo» fu bocciato dalla Consulta i due capigruppo della Lega uscirono con un comunicato in cui si diceva che «non c'era da aspettarsi altro, sapevamo benissimo che la maggioranza dei giudici ha un atteggiamento ostile nei confronti dei provvedimenti voluti da questo governo». Dunque due sì, un nì e un no. Ma ufficialmente «la Lega non vota», e che quorum non sia.

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