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La Lega si ricompatta su Milanese: voterà con il Pdl contro il carcere

RomaDilaniata da rivalità interne e da contrasti tra dirigenti «romani» e amministratori locali, la Lega ieri ha trovato un’apparente compattezza sulla linea della lealtà. A Bossi, al governo, a Berlusconi. Quasi alla vigilia del rito dell’ampolla, con l’annuale omaggio del Senatur all’acqua del Po. Nelle ore della polemica sul sindaco di Verona Flavio Tosi, che anche ieri ha chiesto al premier «un passo indietro».
I volti delusi degli esponenti dell’opposizione hanno accompagnato l’annuncio del componente del Carroccio nella giunta per le autorizzazioni a procedere, Luca Paolini: questa mattina alla Camera la Lega voterà contro l’arresto del deputato Marco Milanese, l’ex collaboratore del ministro Giulio Tremonti, per il quale la procura di Napoli ha chiesto il carcere. La scelta del Carroccio può determinare le sorti del voto finale, in quanto a questo punto i contrari alle manette sarebbero undici, dieci favorevoli. Ma segna soprattutto una svolta politica piuttosto importante, sia a livello di alleanze, sia proprio per le voci insistenti su una Lega sempre più in difficoltà nel mantenere unite teste meno governabili di un tempo. Sancisce anche una discontinuità rispetto al verdetto di luglio, quando i lumbard furono determinanti per mandare in carcere il deputato Pdl Alfonso Papa.
Paolini ha poi chiarito che in aula oggi ci sarà per i deputati «libertà di coscienza». Ma in serata ha parlato Bossi: «Non mi piace far arrestare la gente», ha detto, con la proverbiale concisione. A questo punto sembra molto difficile che qualcuno si scosti dal pensiero del capo.
La motivazione formale del «no» della Lega è che, come ha spiegato lo stesso Paolini, «la denuncia per calunnia depositata da Milanese contro l’imprenditore Paolo Viscione» lascia intravedere il sospetto di un «fumus persecutionis» nei confronti del deputato. «Si desume» che l’accusatore Viscione «nutra un’acredine personale» per Milanese. Le opposizioni sono furibonde. «La Lega dimostra di aver svenduto la propria dignità», ha commentato sprezzante Di Pietro. La scelta del Carroccio viene anche definita «un piacere a Tremonti».
L’annuncio leghista potrebbe essere letto anche in chiave pro-Bossi e anti-Maroni, in quanto non è un mistero ormai che a via Bellerio siano due le aree di riferimento, con qualche battitore libero. Una tesi pubblicata esplicitamente ieri dalla Velina Verde, la pagina web che vuole «tornare alla Lega dura e pura di Umberto Bossi». Un titolo di esempio: «Alì babà e i quaranta Maroni insubri».
Negli ultimi giorni il fortino di Bossi è messo in pericolo però non solo dalle rivalità tra i delfini, ma da quella che è la sua base pulsante, gli amministratori locali. A qualche sindaco è venuta voglia di sfilare domani contro la manovra. Ma marciare contro la manovra significa mettere alla berlina la Lega stessa. In più c’è anche un fatto di coincidenze: la grande manifestazione dei sindaci è in programma quasi nelle stesse ore in cui prende il via la tre giorni dell’ampolla, con la Festa dei Popoli Padani. «Non esiste un divieto tassativo agli amministratori di non partecipare alle manifestazioni contro il governo», ha chiarito Tosi. Il governatore veneto Luca Zaia ha provato a mediare: «Il nostro è un partito grande, che ha tante anime».

E c’è chi viene «dall’amministrazione, come me», e chi «ha sempre fatto politica». Tosi «è un giusto mix». Ma la diversità tra amministratori, più vicini agli umori dell’elettorato, e politici, che non possono guardare solo le ragioni del cuore, sembra ogni giorni più marcata.

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