Adalberto Signore
da Roma
Arriva da Radio Padania la chiamata alle armi di Roberto Maroni. Che oltre a ribadire il no della Lega a qualsiasi ipotesi di Grosse Koalition (derubricata in «governissimo dellinciucio»), torna a rispolverare vocaboli e immagini che fino a ieri erano rimasti rigorosamente nel cassetto. Per ragioni di opportunità, certo. In primo luogo per non dare sponde alle previdibili critiche dellUnione e poi per evitare i probabili malumori di qualche alleato. Le urne, però, sono chiuse. E Maroni, pur vestendo ancora gli abiti istituzionali di ministro del Welfare, può tornare alla carica e iniziare a riposizionare il Carroccio in vista delle amministrative di fine maggio e poi del referendum confermativo sulla devoluzione.
Così, il colonnello della Lega non esita a dire che il futuro governo è «contro gli interessi del Nord». Un esecutivo che «farà gli interessi del Centro-Sud», «guarderà alla Fiat» e non si curerà «dei piccoli imprenditori». E quindi - dice Maroni intervistato dal direttore di Radio Padania Giulio Cainarca - come «la sinistra non solo ha il diritto ma anche il dovere di governare», chi sta allopposizione «ha il dovere di farla». E qui arriva laccorato appello ai suoi, perché quella della Lega al governo Prodi sarà «unopposizione dura con la bandiera della Padania» e «nellinteresse di tutti i cittadini padani». Insomma, in vista delle amministrative di Milano e Varese (culla e roccaforte storica del Carroccio), la barra del timone si inizia lentamente a spostare dalla cosiddetta «Lega di governo» alla più calda «Lega di lotta». Perché dopo il risultato un po deludente incassato alle politiche (colpa anche dellaltissima affluenza) è chiaro che altri passi falsi potrebbero essere rischiosi. Soprattutto in vista di quel referendum confermativo della riforma federale che dovrebbe tenersi a giugno (ma sarà il prossimo esecutivo a indirlo) e prima del quale le strade di Lega e Casa delle libertà non potranno certo dividersi. Lo dice chiaro Maroni: «In questa fase, almeno fino al referendum, dobbiamo stare assieme, convincere e coinvolgere il più possibile tutta la Cdl nella battaglia referendaria. Poi si vedrà».
La Lega, dunque, già inizia a ragionare da partito dopposizione. Anche perché pure se si prendesse la strada della Grosse Koalition alla tedesca il Carroccio non ne farebbe certo parte. Una posizione, questa, nota da tempo e ribadita con forza ieri pure dalla Padania. Che ieri in prima pagina ammoniva Silvio Berlusconi: «Torna il consociativismo, cè aria di spartizione dei poteri. Il premier stia lontano dagli armamentari dc». Alla questione, oltre a un pezzo del direttore Gianluigi Paragone, vengono dedicate il taglio della prima e altre tre pagine: la 4 («Le Grandi coalizioni spingono a rubare di più»), la 5 («Si scrive Grosse Koalition, si legge pentapartito») e un ampio amarcord del «tempo che fu» in 7 («Le grandi ammucchiate della Prima Repubblica»). Sintetizzava ieri pomeriggio Maroni: «Siamo contrari al governissimo dellinciucio. La grande coalizione con dentro tutti e, guarda caso, fuori la Lega. E lipotesi di un nuovo Aventino per chiedere la verifica delle schede è una coglionata». Concetto ribadito pure dalleurodeputato Enrico Speroni: «Se Berlusconi avesse vinto lui di 24mila voti, col cavolo che chiedeva la grande coalizione come in Germania».
Sul fronte interno, invece, il Carroccio è ancora alle prese con i malumori del gruppo di critici e delusi che qualche settimana fa si è riunito a Brescia. Tra cui lex direttore di Tele Padania Max Ferrari, che fece irruzione a via Bellerio il giorno delle elezioni protestando contro la mancanza di pluralismo e democrazia allinterno del movimento. E ieri Ferrari ha incassato la solidarietà di due ex deputati, Guido Rossi e Giancarlo Pagliarini, esponente storico del Carroccio. I due invitano «i dirigenti responsabili ad un esame più approfondito della situazione» perché «non è con i licenziamenti e le epurazioni che si risolvono i problemi».
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