Lega spaccata su Cosentino E Vendola deride i lumbard: "Da celoduristi a impotenti"

Dopo il voto su Cosentino, la base leghista si infuria coi vertici del partito. Maroniani sul piede di guerra. E Vendola ironizza: "Sono diventati impotenti"

Lega spaccata su Cosentino E Vendola deride i lumbard: "Da celoduristi a impotenti"

Questione di viralità. O meglio: di celodurismo. Perché la politica, si sa, è fatta anche di spacconate, prove di forza e sfottò. Perché, sotto sotto, si va sempre a cadere sul quel tasto lì, a usare quelle metafore lì, ad applicare quei paradigmi che, se calcati da esponenti del centrodestra, vengono tacciati di omofobia, accusati di volgarità o bollati come bieco machismo. Eppure sem semper chi. Con il leader della Lega Nord, Umberto Bossi, che non manca mai di ricordare che i lumbard ce l'hanno duro. E con il governatore della Puglia, Nichi Vendola, che lo contraddice mettendone in dubbio la virilità e smentendone la mascolinità che da sempre contraddistingue l'aggressività e il parlare spiccio della "razza padana". Il fatto è che, al quartier generale di via Bellerio, non hanno nemmeno tempo per replicare alla provocazione del leader del Sel tanto sono sommersi dalle proteste della base che si dice "sdegnata" con i vertici del Carroccio.

"La Lega ruggisce al Nord e bela a Roma, da oggi è tramontato il mito della virilità leghista, sono diventati impotenti", dice Vendola poche ore dopo la decisione del Senatùr di astenersi dal voto sull'arresto del parlamentare del Pdl, Nicola Cosentino. "La potenza periferica della Lega Nord si infrange nei tatticismi di Roma - commenta ancora Vendola -  sono leoni in periferia e impotenti a Roma e quando scelgono di salvare quello che viene considerato dai magistrati come il referente politico dei Casalesi, salvano e fanno vincere il Sud più brutto". Cosa c'è di peggio che accusare di impotenza chi ha fatto del celodurismo un vero e proprio spot elettorale? Va da sé: anche la derisione del leader del Sel, che solo qualche giorno fa è stato pesantemente insultato dall'assessore Giuseppe Riva (lo aveva apostrofato con il volgare epiteto "signorina con turbe psichiche"), rientra nel dibattito politico. Quello che vuole dire Vendola è, infatti, che il voto leghista a Montecitorio segnerà la delegittimazione stessa dei lumbard facendo "crescere negli umori popolari distanza, rancore e rabbia".

Insomma, a detta di Vendola, i lumbard (le famose camicie verdi che da anni lottano per l'indipendenza della Padania) hanno perso il proprio appeal. Anzi, peggio: hanno perso la virilità, sono diventati impotenti. Un'accusa che di sicuro non farà piacere al popolo leghista che non ha apprezzato il voto che ha evitato l’arresto a Cosentino. In molti, sull’emittente del Carroccio, hanno criticato l’atteggiamento dei capi del movimento che prima in Commissione, avevano votato a favore dell’arresto, per poi cambiare idea in Aula, e negare l’autorizzazione. Il Senatùr, d’altra parte, aveva lasciato libertà di voto. Su Radio Padania gli ascoltatori hanno sfogato il proprio nervosismo chiedendso provocatoriamente per quel motivo "la Lega ha salvato un camorrista". "Bossi dovrebbe vergognarsi - ha detto un ascoltatore - perché ha dimostrato di essere un venduto".

"Qualcuno credeva alla Lega?", chiede ironicamente il comico Beppe Grillo sottolineando che "la sorpresa è per chi si sorprende e non si accorge di essere preso per i fondelli". Il problema è che, a quanto fanno sapere fonti vicine al Carroccio, non è solo la base leghista a spaccarsi. Sembra, infatti, che anche il partito arranchi nonostante Bossi confermi che "la Lega non è mai stato un partito forcaiolo". E' stata proprio l’assenza del Senatùr a spiccare: pur essendo alla Camera, non ha mai fatto ingresso in Aula. Proprio il leghista Luca Paolini, da sempre perplesso sulla custodia cautelare contro Cosentino, ha raccontato di essere stato protagonista di una riunione burrascosa del gruppo della Lega a Montecitorio pochi minuti prima del voto. Quando il componente della Giunta per le autorizzazioni avrebbe citato il caso delle "manette spettacolo" a Enzo Carra per giustificare il niet agli "arresti facili", alcuni deputati di "fede maroniana" si sono irritati. "E' vero che hai avuto una telefonata da Berlusconi?", avrebbe insinuato uno di loro. Poi è scoppiata la bagarre con rissa sfiorata tra Paolini e Gianpaolo Dozzo.

Dopo il no all’arresto resta il gelo tra maroniani e bossiani. Gli elettori leghisti capiranno? "Non lo so - risponde l’ex titolare del Viminale - ho ricevuto molti messaggi negativi rispetto alla posizione di libertà di coscienza, e di apprezzamento per la mia chiarezza: io non ho cambiato idea, se era un cittadino normale sarebbe andato in galere".

Tuttavia Maroni conferma che non c’è alcun disaccordo con Bossi: "Molti voti a favore di Cosentino sono arrivati dall'Udc e dal Pd. Sono pochi i leghisti che lo hanno salvato". Eppure Bossi non manca di replicare a Maroni con una frecciatina: "Maroni è scontento? Non è che piangiamo per questo...".

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