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Lega, ultima commedia Bossi: "Secessione... Padania? In Germania"

Dopo 15 anni e finita l'esperienza di governo, il Senatùr torna alle origini. "L'Ue? La Padania andrà in Germania". Il no del Carroccio alle misure anti crisi del governo

Lega, ultima commedia Bossi: "Secessione... Padania? In Germania"

nostro inviato a Vicenza

È tornata la Lega di lotta. Senza più i doveri legati ai ruoli di gover­no, il Carroccio riapre il Parlamen­to del Nord rispolverando i temi che gli sono più congeniali. Pada­nia libera, secessione, indipen­denza. Anzi «indipendensa», alla veneta,che«parte da Vicensa»,co­me è scritto su uno striscione ap­peso ieri mattina ai cancelli della fiera berica. Uno slogan facile che sintetizza il salto all’indietro leghi­sta. Un ritorno al passato di alme­no 15 anni: era il 1996 quando Um­berto Bossi per la prima volta tra­scinò i suoi dal Monviso alla lagu­na di Venezia. Il «sacro giuramen­to » di fedeltà scissionista, tutta­via, con il passare degli anni e la lunga attività di governo venne via via annacquato. Non si parlò più di fucili né di esercito pronto a sparare. Via le camicie verdi. La Lega non poteva combattere con­tro uno stato di cui contribuiva a tenere le redini.

La richiesta di indipendenza di­venne federalismo. Il modello svizzero, cantoni autonomi sotto un’unica bandiera. Eppure anche quello si rivelò un obiettivo trop­po ambizioso per la Lega di gover­no. Ed ecco il federalismo fiscale, prima tappa di un lungo percorso per arrivare a quello istituzionale. Nel 2008 sembrava la volta buo­na: il governo era coeso, la maggio­ranza forte, il programma politico chiaro. In tre anni il Parlamento ha messo le basi per questa rifor­ma epocale. Oggi manca soltanto una manciata di decreti attuativi. Sul più bello,ecco crollare l’ese­cutivo Berlusconi-Bossi e arriva­re professori e banchieri guidati da Mario Monti. Il ministero delle Riforme sparisce mentre arrivano i dicasteri alla Coesione e all’Inte­grazione. E la Lega sceglie di passa­re all’opposizione, uscire dalla stanza dei bottoni e, sul filo del tra­guardo, abbandonare al buon cuore dei bocconiani l’enorme sforzo degli ultimi anni. La sua stessa ragione di vita.

«Avrei voluto portarvi più risul­tati », ha esordito ieri Roberto Cal­deroli, neopresidente del Parla­mento padano. È l’ammissione della sconfitta. Quindici anni che non hanno portato frutti. «Abbia­mo lavorato come bestie per supe­rare ogni tipo di trucco e traboc­chetto. Poco mancava che mi pro­­stituivo, se mi avessero garantito il federalismo quasi mi sarei con­cesso. Ma a Roma hanno preferito garantirsi lo stipendio e la pensio­ne. Prendo atto che il Parlamento ha abdicato al suo ruolo costituen­te. Ora questo potere deve tornare al popolo».

Il nastro del tempo si riavvolge. E a sigillare l’operazione ieri è arri­vata anche la commemorazione di Gianfranco Miglio, ideologo della Lega scomparso 10 anni fa che fu martoriato da Bossi, il qua­le una volta lo definì «una scoreg­gia nello spazio». Oggi di siderale c’è quest’altra retromarcia del Se­natùr, che ha celebrato il profeta Miglio,l’oracolo che vaticinò il fal­l­imento degli stati unitari esaltan­do il ruolo delle macroregioni. «Dobbiamo lottare, unirci, com­ba­ttere per la Padania e la storia fa­rà la sua parte », dice Bossi dal pal­co di Vicenza.

Dunque, la Lega ritorna al pun­to di partenza. Secessione. Non è ancora chiaro attraverso quale strada. Calderoli sogna una «sepa­razione consensuale sul modello della Cecoslovacchia». Roberto Cota punta su «un referendum co­stitutivo- consultivo- propositi­vo ». Bossi esclude un ricorso ai fu­cili: «Ci vuole un po’ di fortuna e un po’ di attenzione, attendere non ci ha fatto male».Il Senatùr ve­de che «si apre una finestra impor­tante per la storia: c’è stata una guerra economica, l’Italia ha per­so e la Padania ha vinto. Ha vinto chi lavora. Il popolo deve essere pronto a lanciarsi in questa fine­stra che si apre nella crisi perché dopo le guerre si riscrivono i tratta­ti».

Il leader leghista ritiene dun­que c­he sia il nuovo contesto inter­nazionale a favorire il distacco del Nord dal resto d’Italia.«I nostri op­pressori romani ci hanno soltanto portato via un po’ di soldi. Nello spazio economico europeo avan­zano i nostri popoli, lombardi e ve­neti uniti non temono confronti. Se vai a Roma devi avere i voti per fare le riforme. L’altra via è quella popolare, ossia quella di scatenar­ci. E questo è il tempo di scatenar­ci.

La gente è stanca di essere schiava, oppressa, e vuole uscire da un sistema centralista come quello italiano».

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