Leggeva oroscopi in tv: oggi va al patibolo

SUPERSTIZIONE Così la polizia religiosa reprime i comportamenti giudicati «anti-islamici»

Caccia alle streghe in Arabia Saudita. Anzi, allo stregone. O presunto tale, perché Ali Sabat, che non è neppure saudita ma libanese, si limitava a pretendere di predire il futuro e a dare consigli su come affrontarlo: in Italia, sia detto per inciso, sarebbe una strage. Nel regno che diede i natali a Maometto però su queste cose non scherzano, e Sabat oggi dovrà vedersela col boia, a meno di un’improbabile grazia all’ultimo momento da parte del re Abdullah.
La vicenda, della quale si stanno occupando con la forza della disperazione Amnesty International e altre organizzazioni per i diritti umani, ha dell’incredibile. Sabat non esercitava la «stregoneria» in Arabia: era il conduttore (dal salotto di casa sua a Beirut, tra l’altro) di una popolare trasmissione della televisione satellitare libanese «Sheherazade», dove più o meno si esibiva come mago, con improbabili predizioni del futuro e caserecci consigli di comportamento all’affezionato - e immaginiamo non coltissimo - pubblico. Un barbanera levantino insomma, da non prendere troppo sul serio.
Ma a Riad, come si diceva, la cosiddetta stregoneria viene presa anche troppo seriamente. Nel Paese che si presenta come il «Vaticano dell’islam» e il cui re è il Custode dei luoghi sacri della religione musulmana (La Mecca e Medina, meta dei pellegrinaggi prescritti dal Corano) vige incontrastata da circa tre secoli un’interpretazione particolarmente severa delle scritture maomettane, quella wahhabita. E una onnipresente e occhiutissima «polizia religiosa» sorveglia giorno e notte la corretta applicazione della morale islamica, impedendo comportamenti che da noi sono normalissimi come ad esempio lo scambio di fiori o regali per la festa degli innamorati, le passeggiate di donne non accompagnate da un uomo della loro famiglia, per non parlare del consumo di alcolici o del rispetto della «decenza dell’abbigliamento».
In questo contesto opprimente, passare per uno stregone o un mago è relativamente facile: sono molti i comportamenti sgraditi che possono ricadere sotto l’accusa di anti islamismo. E una definizione legale codificata di stregoneria in Arabia Saudita non esiste: per condannare una persona basta l’insindacabile decisione delle autorità religiose. Va aggiunto che nel regno dei Saud, sotto la patina di un’assoluta fedeltà ai dettami del Corano, le antiche superstizioni sopravvivono e alimentano una domanda diffusissima di oroscopi e riti vari, che invano una rabbiosa polizia religiosa tenta di reprimere con sproporzionata severità.
A tutto questo evidentemente non pensava Ali Sabat quando, due anni fa, prese un aereo da Beirut e raggiunse l’Arabia Saudita per compiervi, da devoto musulmano, lo Hajj, il pellegrinaggio nei luoghi santi dell’islam. Fu quindi grande il suo stupore quando a Medina, la città saudita dove si trova il sepolcro del profeta Maometto, venne arrestato sotto l’accusa di stregoneria. Nei mesi successivi, provato dalla carcerazione, Sabat commise un errore gravissimo: confessò le sue «colpe» alle autorità saudite, ma solo perché gli avevano fatto credere che fosse necessario per essere rilasciato e tornarsene in Libano. Invece era l’anticamera della condanna a morte.
Oggi è prevista l’esecuzione dello sfortunato Ali Sabat, colpevole di lettura di oroscopi in televisione. Il suo avvocato, May el-Khansa, si è giocato tutte le carte possibili: ha perfino chiesto al presidente e al primo ministro del Libano di appellarsi per il suo cliente presso il re saudita, e risulta che il presidente Suleiman lo abbia fatto. Ma le probabilità di una grazia sembrano basse.

Già nel 2007 un caso simile finì con la decapitazione in piazza (a colpi di scimitarra, come nel medioevo): il condannato era un egiziano, giudicato colpevole di aver esercitato arti magiche per cercare di ottenere la separazione di una coppia sposata. E in queste ore il boia sta affilando il suo strumento anche per Ali, mentre altri due accusati di stregoneria languono nelle prigioni saudite.

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