Gentile dottor Granzotto, mi riferisco alla sua risposta al lettore che le chiedeva lumi sulle leggi razziali. Mio padre, impiegato allufficio assunzioni dellAlfa Romeo di Milano dal 1933 al 1943 (direttore generale sig. Gobbato, capo ufficio sig. Cassani) era incaricato di esaminare le domande di assunzione che gli venivano sottoposte ad apposito sportello. Le domande in questione ponevano degli obblighi precisi a chi voleva essere inquadrato nei ranghi. Fra le altre, bisognava rispondere obbligatoriamente con un «sì» a queste due domande basilari, pena lannullamento della domanda stessa: «È iscritto al Pnf?», «È di razza ariana?». Le posso confermare con cognizione di causa, che ad ambedue le domande mio padre apponeva lui stesso un «sì», sotto la sua responsabilità e con il tacito consenso del capo ufficio. Non so in altri ambienti, ma allAlfa così ci si comportava, per agevolare lassunzione di molti poveri diavoli che venivano dal Sud e che erano in evidente stato di bisogno. Pertanto, leggi razziali sì, ma allitaliana, come sempre è avvenuto e avviene.
Le leggi razziali furono certamente temperate dallazione di uomini come suo padre, caro Fiordelisi, e di tantissimi altri galantuomini che, chi per un verso chi per laltro, chi con piccoli gesti e chi sfidando apertamente il potere, mostrarono solidarietà tangibile, non quella a parole, nei confronti della comunità ebraica. Il risultato fu ciò che tutti più o meno riconoscono, un antisemitismo se non allacqua di rose certo di durezza nemmeno lontanamente paragonabile a quello praticato in Germania. Ma le leggi razziali, che perseguivano i diritti degli ebrei, rappresentarono solo un aspetto della fiammata antisemita. Il peggio, la persecuzione della vita stessa, la caccia agli ebrei, lo si ebbe nellautunno del 1943, allindomani dell8 settembre. Non che sia di grande consolazione, ma fu una iniziativa tedesca e di loro mano è infatti la prima retata, quella del 16 ottobre 1943 a Roma, nel corso della quale vennero rastrellati mille 259 ebrei che finirono, salvo per una trentina di loro, ad Auschwitz. Per spirito di emulazione, per non mostrarsi secondi ai camerati, verso la fine dellanno anche formazioni militari e paramilitari della Repubblica Sociale effettuarono delle retate internando i malcapitati a Fossoli, in provincia di Modena. Ma già nel marzo del 44 i tedeschi pretesero (ed ottennero, ovvio) la gestione del campo di concentramento che poi spostarono in un luogo ritenuto più sicuro, dalle parti di Bolzano.
Se non con la piena complicità certo con lassenso delle autorità di Salò, i tedeschi deportarono allincirca 8mila ebrei e di questi quasi 6mila furono uccisi o trovarono la morte nei lager. Se ne salvarono, nellItalia soggetta alloccupazione tedesca, 35mila. Una piccola parte, cinquecento, riuscì a passare le linee rifugiandosi nel Meridione, in quello che era detto il Regno del Sud. Poco meno di seimila trovarono invece asilo nella neutrale Svizzera, la cui frontiera era evidentemente meno ardua da valicare che non quella rappresentata dalla Linea Gotica. Ai restanti non rimase che darsi alla macchia o alla clandestinità.
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