Le leggi e i divieti valgono per tutti Anche per i ciclisti

Caro Granzotto, è recente la notizia del ciclista che essendo passato col rosso s’è visto non solo multare, ma in base al nuovo Codice anche detrarre dalla patente 6 punti. Va bene la severità, ma non le sembra che si stia esagerando?

No, non mi sembra, caro Grotta. Una legge può sembrarci ingiusta, vessatoria, ma da cittadini («consapevoli», ci aggiungerebbe un sincero democratico) siamo tenuti a rispettarla. Senza cercar scuse, come il rivendicare, da parte del trasgressore, l’assoluta mancanza di traffico automobilistico all’incrocio o, peggio ancora, candidamente ammettendo d’essere all’oscuro delle nuove disposizioni in materia di circolazione (il ben noto brocardo recita: «Ignorantia legis non excusat», l’ignoranza della legge non discolpa). Prenda me. Considero la legge anti fumatori non solo ingiusta, ma anche liberticida. Eppure, se in un ambiente è affisso l’odiato cartello «Vietato fumare», anche se deserto, anche se arieggiato da enormi finestroni, la sigaretta non me la accendo. E non per timore che compaia all’improvviso «il soggetto cui spetta vigilare sull’osservanza del divieto e cui compete accertare le infrazioni», ma perché così dispone l’esecrabile articolo 51, comma 2 della legge del 16 gennaio 2003. Sappiamo bene che a differenza dei fumatori, i ciclopedisti avanzano diritti derivanti da presunti meriti: non inquinano dando così una botterella alla salvezza del pianeta, snelliscono il traffico, non emettono puzze e rumori, tonificano il polpaccio e una società coi polpacci tonici è migliore - chi non lo sa? - di una coi polpacci flaccidi. Però, se la si mette in questo modo, cosa dovrebbero dire i fumatori? Accendendosi la sigaretta essi si ritrovano «impegnati nel sociale» fino al collo: danno lavoro a centinaia di migliaia di raccoglitori di tabacco gran parte dei quali menano vita grama tra un Tropico e l’altro; danno altresì lavoro agli operai dei tabacchifici e agli artigiani che a mano, mani sante, confezionano i sigari più buoni, quelli prodotti nella Cuba del Líder Máximo. Dico, vogliamo o non vogliamo contribuire al benessere dei compagni e delle compagne caraibiche tuttora - nel senso di anche ora, con Obama alla Casa Bianca - sotto schiaffo, rappresentato dall’embargo yankee? Come se ciò non bastasse, essendo taglieggiato il fumatore rimpolpa le casse dello Stato, soldi che poi serviranno a rendere più efficiente la sanità e un domani, hai visto mai, a elevare la soglia della «minima», intesa come pensione. Se le cose stanno così, perché, caro Grotta, tanta indulgenza nei confronti dei velocipedisti e nessuna per i tabagisti? Perché se uno in bicicletta brucia un rosso tutti a dire: «Eh, che sarà mai!» mentre se un fumatore mette mano all’accendino in un bar tutti a gridare: «Vergogna! Incivile! In galera!»? Massimo Cacciari, che è un filosofo, ha dichiarato che a lui della legge frega niente e seguiterà a scorazzare in bici sui marciapiedi. Questo perché «le città non sono attrezzate per i ciclisti». Che pensiero profondo: se non sono attrezzate, amen.

La bici la inforchi in campagna. A me piace l’equitazione e siccome le città poco si prestano a quell’esercizio che fo? M’intigno e mi faccio due andature di trotto lungo il Transatlantico di Montecitorio?

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