«Le leggi razziali divisero giusti, scellerati e vili»

Una lapide in ricordo delle «scuole di emergenza» create nel 1938 per accogliere studenti e docenti ebrei espulsi dalle scuole pubbliche è stata scoperta ieri mattina, nella caserma della stazione dei carabinieri Roma Celio, dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Alla cerimonia, organizzata dalla Comunità ebraica di Roma in occasione del 70° anniversario delle leggi razziali, hanno preso parte, tra gli altri, il presidente della Comunità, Riccardo Pacifici, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il presidente della Provincia Nicola Zingaretti e il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo. Nella stazione dei carabinieri, che ospitò una delle prime scuole di emergenza romane, molte le testimonianze che si sono avvicendate. «Esperienze esemplari - ha detto Napolitano - che dimostrano come debba rimanere il dovere comune della memoria, affinché mai più si ripetano xenofobie, razzismi e discriminazioni come quelle di cui hanno sofferto gli ebrei in Italia». Nella scuola di emergenza del Celio, ha ricordato il sindaco di Roma Gianni Alemanno, si riunirono insegnanti e scolari che «reagirono con spontaneità a quelle persecuzioni e discriminazioni, formando una scuola che mantenne viva la Comunità ebraica». «Con le leggi razziali - ha proseguito Alemanno - il popolo italiano si divise in tre parti: una parte piccola, quella dei giusti che seppero opporsi, una parte degli scellerati che chiedevano intransigenza nell’applicazione di quelle leggi e una parte più ampia, quella dei vili, dei silenziosi e dei conformisti, coloro che non seppero opporsi». «Questo dimostra - ha proseguito Alemanno - che la volontà delle persone può sempre opporsi alle scelte della dittatura, della violenza e del totalitarismo».
Amaro il discorso di Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica romana: «Nessuno levò la propria voce, se non in rarissime eccezioni, per fermare l’esodo degli studenti ebrei dalle classi del regno».

Ricordando quelle espulsioni Pacifici ha proseguito dicendo: «Nessun professore o preside protestò e consolò i bambini che da un giorno all’altro non poterono più condividere gioie e serenità della loro giovinezza con i loro coetanei ariani, soprattutto nessun professore difese quei colleghi ebrei a cui erano state sottratte le cattedre anzi, ci fu una rincorsa feroce ad occuparle». Gli unici a comportarsi con umanità furono i 2700 carabinieri «che decisero di non collaborare con l’occupante nazista e vennero quindi deportati da Roma».

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