La leghista Lussana sfida la Carfagna: «Il buonismo non serve, apriamo le case chiuse»

Donne contro donne. Una donna della Lega, Carolina Lussana, vicecapogruppo del Carroccio alla Camera, contro una donna del Pdl, il ministro delle Pari opportunità, Mara Carfagna. Donne contro, e su un tema che tocca da vicino ancora altre donne: la prostituzione. Sì, perché a schierarsi contro la ministra autrice del ddl che ha inasprito le sanzioni per lucciole e clienti, proponendo di ripristinare le «case chiuse», è proprio la parlamentare leghista. Una presa di posizione, quella del Carroccio, che non mancherà di far discutere, e che, nel Pdl, rischia di far divampare un altro fronte di polemiche.
«Piantiamola con queste nostalgie. Oltre che incivile è inutile. Oramai li hanno chiusi!», diceva Totò nel finale di Arrangiatevi, celebre film sul tema girato nel 1959, appena un anno dopo la chiusura delle case di tolleranza con l’entrata in vigore della legge Merlin. E invece, periodicamente, l’idea di regolamentare il mestiere più antico del mondo torna in auge. L’onorevole Lussana ha lanciato la sua campagna pro case chiuse nel corso di KlausCondicio. «Il ddl Carfagna sulla prostituzione – ha spiegato – è inapplicabile, anche se la parte che vuole togliere le prostitute dalle strade è encomiabile. Troppe volte ci si approccia a certi temi per eccessivo buonismo e col buonismo si fanno solo enormi danni». Insomma, per la bionda parlamentare leghista, il ministro Carfagna, e con lei i ministri dell’Interno e della Giustizia Maroni e Alfano che hanno firmato lo storico ddl anti-prostituzione varato dal governo a pochi mesi dall’insediamento, hanno avuto il cuore tenero, prova ne sia il fatto che le prostitute continuano a popolare parchi e viali. Quindi, giro di vite. «Noi – ha detto ancora l’onorevole Lussana – diciamo sì al divieto della prostituzione in strada, ma proponiamo l’apertura di eros center, dove venga consentito l’esercizio della prostituzione e avvengano controlli sanitari, e dove le belle di giorno paghino le tasse. I soldi che si potrebbero ricavare dall’esercizio della prostituzione da parte di transessuali, donne e uomini potrebbero essere destinati a scopi socialmente utili, magari anche a combattere la tratta o a tutela delle prostitute stesse, quindi in sanità e sicurezza. Pensiamo che inizialmente questi centri dell’eros possano essere autogestiti dalle cooperative delle prostitute, e che poi eventualmente, come accade in Germania ad esempio, ci siano forme di gestione che prendano in considerazione il controllo dei comuni».
Alea iacta est, il dado, da parte del Carroccio, è tratto. Ma è difficile che la Carfagna faccia propria una proposta simile o comunque qualsiasi proposta che, regolamentando la prostituzione in luoghi chiusi, porti ad un suo indiretto riconoscimento da parte dello Stato. Sentite cosa diceva, il ministro delle Pari Opportunità, nel 2008, quando il problema fu sollevato in concomitanza con il varo del ddl: «Le case chiuse legittimerebbero la prostituzione, il nostro ddl è invece punitivo. Non la regolamenta ma la contrasta duramente. Come donna, le case chiuse mi fanno rabbrividire... Come donna nelle istituzioni, so che la prostituzione esiste e cerco di contrastarla».
Cambierà idea, la Carfagna? Difficile, molto difficile.

Intanto non commenta l’uscita della collega del Carroccio. Nel frattempo, però, tuona inorridita l’associazione Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi: «Legalizzare la prostituzione – è la bocciatura senza appello – significherebbe legittimare il male».

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