"Legittimo indagare, si tratta dei beni di un partito"

La solidarietà fra donne non c’entra. E neppure la «lapidazione islamica» ai Tulliani, evocata dal palco di Mirabello da Gianfranco Fini. No, nessuno ha violato il santuario degli affetti più intimi. Sono altri i parametri per giudicare il pasticcio della casa di Montecarlo: si tratta di una vicenda pubblica e come tale dev’essere scandagliata, esattamente come ha cercato di fare il Giornale. Rimanere sulla soglia di quell’appartamento sarebbe stato cattivo giornalismo. Marina Berlusconi esprime il suo giudizio sul giallo dell’estate e lo fa in un’intervista al Corriere della Sera. «Qualcuno - spiega la figlia del premier prendendo spunto dalla campagna di Repubblica sulle escort e le Noemi - mi deve spiegare perché quando i giornali mettevano sotto processo, in modo davvero vergognoso, la vita privata di mio padre, sentivo solo grandi applausi alla libera stampa che non si ferma davanti a nessuno e che è il sale della democrazia. Quando invece si chiedono, legittimamente, dei chiarimenti su vicende che private non sono, perché ci sono di mezzo i beni di un partito, ecco che si grida al complotto, addirittura alla lapidazione islamica».
Eccolo il punto: come mai gli attacchi di Repubblica, dell’Espresso e di tanti altri giornali al premier e alle sue frequentazioni femminili venivano accompagnati da squilli di tromba e da standing ovation sulla libertà di stampa? E perché, invece, se si parla di un partito, dei suoi beni e della loro gestione, se anche una Procura ipotizza la truffa aggravata, allora si evocano le lapidazioni islamiche? E si punta il dito contro i giornalisti, accusandoli di diffondere veleni? Ecco che allora scatta una sorta di cordone di protezione: il caso di Montecarlo sarebbe un caso privato, le vicende dei Tulliani, di Elisabetta, la compagna di Fini, e del fratello Giancarlo, sarebbero irrilevanti. Fuori dal perimetro in cui si muove la libera stampa.
Un’impostazione che Marina Berlusconi non accoglie. E così la sorella di Piersilvio ironizza due volte sul quotidiano diretto da Ezio Mauro: «Abbiamo visto tutti come Repubblica, pochi giorni fa, ha dato la notizia delle sanzioni Consob per l’insider trading nella famiglia De Benedetti. Ricordava la Pravda dei tempi d’oro.

Sfido chiunque a capire che fra i personaggi coinvolti c’erano parenti stretti dell’Ingegnere. Sarà - ed è la seconda stoccata - perché a Repubblica non piace il tema guai e cognati?». E così si ritorna dalle parti di Montecarlo.

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