Viviana Persiani
Cosa c’è di meglio che avviarsi verso il nuovo anno a suon di risate? Con Bu...come buleta, nuovo spettacolo portato in scena, da lunedì, al Teatro Nuovo, da I Legnanesi del compianto Felice Musazzi, il divertimento è garantito, come testimoniano i numerosi «tutto esaurito» che Provasio e compagnia riscuotono in giro per la Lombardia.
Protagonista è sempre la famiglia Colombo con Teresa e Mabilia che si ritrovano ad affrontare una crisi che ha colpito l’economia del cortile; fortuna vuole che tutto il gruppo venga assunto alla Zecca di Stato, occasione per sfuggire, almeno con la fantasia, dalla dura realtà, concedendosi ai sogni e alle speranze. Antonio Provasio, erede del ruolo che fu di Felice Musazzi, presenta con entusiasmo la forza teatrale di un gruppo che va al di là degli umoristici testi firmati dal fondatore della compagnia di Legnano.
Come Musazzi, lei, oltre a vestire i panni della mitica Teresa, firma la regia degli spettacoli. Cosa ha appreso dal suo maestro?
«Lavorando con Musazzi per dieci anni, ho cercato di assimilare il più possibile da lui. Infatti, oltre a calarmi, nel vero senso della parola, nei panni e nello spirito della Teresa Colombo, dirigo anche la compagnia sulla scena. I tempi sono cambiati e Musazzi è stato senza dubbio un regista più rigido e più severo di me, sia nei confronti degli attori, nei confronti dei quali si poneva un po’ come una sorta di padre padrone, sia dal punto di vista delle scelte; i tagli degli spettacoli di allora erano umoristici, ma disseminati di note drammatiche che oggi sono scomparse. Io ho cercato di ringiovanire i testi, con il benestare della figlia di Felice, Alessandra Musazzi, con l’intenzione anche di farli un po’ miei».
Con che risultati?
«Coinvolgendo molto gli attori, che per la maggior parte lavorano sulla scena amatorialmente, continuiamo ad avere sempre un grande successo; basti pensare che la scorsa stagione, al Teatro Nuovo, abbiamo sempre fatto il “tutto esaurito”: 27 date, 27mila persone. Centotrenta repliche in tutta la Lombardia e sempre con platee al completo».
Qual è il segreto?
«Non siamo noi a coinvolgere il pubblico, ma è la gente che ci stimola a fare sempre meglio per farli divertire. È dal 1949 che in ogni comune dove andiamo a presentare i nostri spettacoli registriamo sempre sale piene: visto i tempi che corrono, siamo un po’ delle mosche bianche. Noi saliamo sulla scena per divertirci e rallegrare la nostra platea proponendo dei testi retti da una morale sempre positiva; in una società dove vengono pian piano a mancare certi valori, noi offriamo a teatro, in chiave comica e umoristica, una civiltà che crede ancora nei sani principi: l'amicizia, l’affetto, la sincerità».
A che pubblico vi rivolgete?
«Come diceva Musazzi, il 60 per cento del nostro pubblico esce due volte l’anno: per andare a trovare i morti e per andare a vedere I Legnanesi. Oggi, stiamo continuando un grande sogno, visto che siamo tornati nei cuori della gente. Inoltre, a quanto pare, la vita del cortile non interessa più solo gli over 50: c’è stato un cambio generazionale e anche i giovani sono molto incuriositi da questo universo intimo e familiare. Ne è prova la valanga di e-mail che ho ricevuto quando sono stato invitato a Radio Deejay».
I testi di Musazzi sono stati rivisti da lei; quali sono le novità di questo lavoro?
«Sono solito adattare, soprattutto, la lingua cercando di italianizzare il dialetto stretto utilizzato da Musazzi, rendendo così il copione comprensibile a tutti. Poiché abbiamo anche molti fans del Sud, quest’anno ho voluto rendere omaggio a Napoli e alla sua cultura. Oltre ad aver tradotto in dialetto milanese certe canzoni famose partenopee, ho dedicato il finale del primo tempo alla città di Totò. Mentre Pompeo, al cimitero, pensando alla Teresa che passa a miglior vita, scopre di non volerla abbandonare mai e di coricarsi accanto a lei, nota che la tomba accanto è quella di una baronessa.
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