Cara onorevole Barbara Saltamartini,
scontata la sua reazione, scontata l’accusa di maschilismo strisciante. Sorprendente invece la confusione che lei fa tra quello che ho scritto io e quello che ha scritto la collega Enza Cusmai in due articoli diversi. Non importa. Replico per entrambi e le faccio notare, a titolo di premessa, che nella sua lettera non dice una parola su un terzo articolo pubblicato accanto al mio, in cui Giordano Bruno Guerri loda la nuova legge.
Peccato non abbia rilevato come il Giornale abbia trattato l’argomento a fondo, fornendo in proposito opinioni a confronto. In ogni caso Enza Cusmai non le ha rivolto alcun attacco personale. Ha semplicemente - con un po’ di malizia e senza cattiveria - raccontato in breve la biografia di chi ha presentato il provvedimento, cioè lei.
Un politico che si distingue per qualche iniziativa destinata a far discutere si deve rassegnare alla notorietà; la quale comporta vantaggi e svantaggi. Anche lei dovrebbe sapere che non si può piacere a tutti, e solo chi non muove un dito evita le critiche. Vengo alle mie dirette responsabilità. Leggerò volentieri il testo originale del suo «capolavoro». Intanto mi attengo alla sua precisazione che, con rispetto parlando, è più grave della mia illazione.
Infatti pensavo che il congedo obbligatorio per i neopapà fosse utilizzabile solo nei giorni del parto; invece lei mi dice ora che è a disposizione entro tre mesi dalla nascita del bimbo. Ciò significa, nella pratica, che il babbo godrà di quattro giorni di ferie (pagate) in più dello scapolo, da trascorrersi al bar o in palestra o in altri luoghi definibili «ludoteche». In termini crudi, meno giorni di servizio per il dipendente e maggiori oneri per le aziende che già sopportano un costo del lavoro fra i più alti d’Europa.
Quanto alla serie di misure accessorie di cui non mi sono occupato nell’articolo, e che lei descrive quali conquiste, esse mi convincono poco o punto. Cosa vuol dire «permessi retribuiti di paternità» se non altre spese a carico dell’impresa? La riduzione dell’orario di lavoro (25 per cento) riservata ai padri spero non comporti, oltre a guai organizzativi, altri esborsi da parte del datore di lavoro. Sugli «incentivi economici ai congedi parentali» sono impreparato; ma a naso mi sembrano una ulteriore fregatura.
Infine, se la cicogna dovesse farle visita, e glielo auguro, le invierò un mazzo di fiori con una preghiera: non costringa suo marito a improvvisarsi tata per decreto. Non sono le leggi che fanno la realtà ma è la realtà che fa le leggi. E nessuna legge potrà mai obbligare un uomo ad essere come una donna e nessuna donna a essere come un uomo.
v. f.
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