A vederlo così elegante in abito scuro nessuno direbbe che Martin Lel è «quel» Martin Lel che ad aprile vinceva la maratona di Londra e domenica scorsa dominava a New York bruciando nello sprint di Central Park il marocchino Abderrahim Goumri. Ieri il keniano della tribù dei Nan era a Milano in qualità di testimonial della 42 chilometri milanese del 2 dicembre insieme con altri due suoi connazionali, Robert Cheruiyot, questanno vincitore a Boston, e Margaret Okayo che in maratona ha dominato a New York, Londra, Boston, Chicago e Milano.
Così la Milano City marathon cala i suoi assi e, dopo aver adottato come uomo immagine loncologo Umberto Veronesi, prova a sfruttare londa lunga newyorchese che ha visto alla partenza ben 4mila italiani, 400 dei quali provenienti proprio da Milano. Lel e Cheruiyot saranno al via per rendere omaggio alla città ma correranno solo pochi chilometri mentre Margaret Okayo si cimenterà sulla mezza maratona in attesa di ritrovare la forma sulle distanze più lunghe. Una presenza che dà immagine ad una gara che si è rifatta per lennesima volta il look ridisegnando un percorso molto veloce e un po più defilato nella speranza di non irritare troppo i milanesi che di corse proprio non vogliono sentir parlare. «Stiamo facendo di tutto per stare il più vicino possibile a questa gara - spiega lassessore allo sport Giovanni Terzi -. Levento ha tutte le caratteristiche per diventare un importante momento di marketing della nostra città».
Lassessore, che domenica ha corso (e finito) la sua prima maratona nella Grande Mela, sarà in gara sulla distanza dei 21 km: «Spero che la maratona possa imporsi come momento di aggregazione sportiva, sociale e culturale. Ciò che ho visto a New York è qualcosa di straordinario e non solo dal punto di vista sportivo: cè una città che vive e pulsa intorno alla gara e il calore umano di chi sta ai bordi delle strade è incredibile».
Milano quindi inizia nel migliore dei modi il suo count down in attesa di una corsa con la quale ha da sempre avuto un rapporto complicato. «Un vero peccato perché questa città ha il diritto di ospitare un grande evento di atletica - spiega il professor Gabriele Rosa che, oltre ad essere uno dei più grandi tecnici di maratona in circolazione, è uno degli organizzatori della gara milanese -. La maratona è lunica gara che attraversa le vie di una città ed entra in contatto con i cittadini. Noi, dal punto di vista organizzativo e della comunicazione, stiamo facendo di tutto e credo che questo sia lanno giusto per un rilancio della city marathon sia tecnico sia del feeling con i milanesi. New York, con cui siamo gemellati, è una città speciale: vive la gara in modo completo e per un giorno ne accetta i disagi e sono convinto che ciò possa accadere anche a Milano».
Rosa, che domenica mattina ha trepidato non poco sulla finish line di Central Park insieme con il suo tecnico Claudio Berardelli per lo sprint di Lel, vuole lanciare un messaggio di pace ai milanesi per il 2 dicembre: «Noi non daremo fastidio ma chiedo a tutti quelli che non corrono di volerci bene perché una grande città si vede anche dalla maratona che ospita».
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