Lellouche e l'amore totale che conquista la Francia

Il film "L'amore che non muore" è campione di incassi. Con la storia ribelle di due liceali ribelli

Lellouche e l'amore totale che conquista la Francia
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Guardando L'amore che non muore (L'amour ouf) di Gilles Lellouche, viene da pensare: amori di questa portata, che sembrano quasi un miracolo, non esistono più. Infatti, questa storia appartiene ad un altro tempo, siamo negli anni 80, ma il regista candidato al César per la miglior regia, ha necessità di raccontare il legame tra Jacqueline (Adèle Exarchopoulos) e Clotaire (François Civil) in questo nostro tempo. Perché? Forse perché è un'epoca in cui le storie hanno poche chance, tracima l'assenza di attesa, i rapporti si avviano velocemente e altrettanto velocemente si bruciano. Siamo nel nord della Francia, Jacqueline e Clotaire si incontrano fuori dal liceo, lei è una brava ragazza che vive con il padre vedovo, studia, è educata, è graziosa; lui è un teppista. È una testa calda, salta la scuola e se ne va in giro in moto, ruba e fa a pugni appena può, vive la sua vita una rissa alla volta. Un cliché? Può essere. Ma questa, in verità, non è la solita storia della ragazzina ricca che incontra il delinquente e si innamora del suo istinto temibile, del rischio, della minaccia che la fa sentire viva. Non si tratta di questo. Nel lungometraggio - in concorso alla 77esima edizione del Festival di Cannes - del regista francese che ha fatto parlare tutta la Francia, ci sono in scena due anime che da quando si sono toccate, hanno sprigionato il più pulsante dei sentimenti. Vi è mai capitato di sentire il peso del nulla senza avere vicino la persona amata? Non si sente più niente. Serve tempo, dicono, per superare un amore del genere, se si spezza. No, a volte non serve neppure il tempo, ci sono storie come questa che non muoiono mai. La trama si sposta in tre epoche diverse. Vediamo Jacqueline da bambina che fa i conti con l'incidente che le ha tolto per sempre la madre; Clotaire invece è un bambino ribelle, incorreggibile, con il destino già segnato. Poi all'epoca del liceo viviamo una bellissima Jacqueline quindicenne che - espulsa da una scuola privata cattolica - incontra la gang di Clotaire. «Sono dei delinquenti», la informa l'amica il primo giorno nel nuovo istituto. Lui ha l'aria prepotente, è seduto spavaldo sul tetto di un'auto parcheggiata fuori dalla scuola, fuma una sigaretta e intanto insulta i ragazzi che scendono dal bus. «Ehi nonnetta! Vai forse in chiesa?», è quello che grida a Jackie (la chiamerà così d'ora in poi). Lei lo affronta senza paura: «Ce l'hai con me?». Gli dà dell'imbecille. Da quel primo momento in avanti, il contrasto si trasformerà in sentimento e sarà ogni giorno sempre più forte. La colonna sonora del film è potente. Lui ruba per lei l'album Seventeen seconds dei The Cure e danzano con l'immaginazione sulle note di A Forest, sfrecciano in moto sulle note di Eyes Without a Face di Billy Idol e si tuffano in mare dagli scogli più alti, attraversano correndo campi di fiori, fanno l'amore vicino al mare (è la prima volta per entrambi), lui le regala una cassetta dove ha registrato Nothing Compares 2U cantata da Prince, le fa squillare il telefono di casa: «Dopo due squilli riaggancio, saprai che sono io». Non esiste più una cosa del genere. Sono la coppia più bella del liceo. Ma la vita di Clotaire precipiterà nella più disonesta tragedia. I due saranno costretti a separarsi. Jackie avrà un marito che non ama e dopo dieci anni di assenza, succederà qualcosa. Si ritroveranno.

Il regista spazia nel tempo con una scioltezza e una capacità che non confonde, anzi, i salti temporali danno un movimento alla trama che tiene incollati allo schermo per due ore e mezza, senza mai un momento fiacco.

Ci sono due dialoghi tra Jackie e suo padre che fanno commuovere per la sincerità con cui questi due esseri umani si comunicano l'amore reciproco, senza bisogno di tante parole. Come questo film, che in realtà non ha bisogno di tante parole, ma c'è una cosa essenziale da dire: questo è grande cinema!

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