Perdinci, Leoluca Orlando Cascio ci ha attaccato. Ma sì, se l’è presa con noi del Giornale , ha spostato il ciuffo malvissuto e, afferrando carta e penna, ha sfogato tutta la sua acidità di stomaco. Ci accusa di «vile dossieraggio», «attacco strumentale», «cattivo giornalismo», servilismo, propensione per i giochi di«fango»e nientepopodimeno che «macelleria mediatica ». Del resto, lui s’intende della materia. Macelleria mediatica, do you remember Cascio? Santoro, maresciallo Lombardo, mafia, suicidio. Ne riparleremo tra poco. Per intanto dobbiamo spiegare ai nostri lettori i motivi di questa incontinenza verbale, quest’overdose di insulti di cui ci onora regalandoci la possibilità di entrare nel prestigioso club dei suoi bersagli diretti: attaccò Falcone, attaccò Sciascia, ora attacca il Giornale .
Sa sempre scegliere bene i nemici, il compare Leoluca.
Dunque il motivo per cui Orlando s’è sforzato addirittura di scrivere una nota, con grave sprezzo del pericolo e della lingua italiana, è la pubblicazione di una notizia. Di più: una notizia di reato. Chi l’avrebbe detto? Sembra uno di quei colmi con cui ci si divertiva da bambini: qual è il colmo per un orologiaio? Avere una figlia sveglia. Qual è il colmo per una fata? Avere il colpo della strega. Qual è il colmo per il tribuno dei giustizialisti? Indignarsi per una notizia di reato. Quella notizia stava pubblicata ieri in prima pagina sul Giornale
(guarda caso: solo sul Giornale ):
il padre di Roberto Saviano, lo scrittore paladino della legalità, finisce a processo con l’imputazione di truffa e corruzione.
La Procura di Santa Maria Capua Vetere lo accusa di aver compilato, in qualità di medico, false ricette e prescrizioni fittizie a danno dell’Asl. Cioè sottraendo soldi ai malati e agli onesti cittadini, che magari poi devono aspettare mesi per avere una tac («Che ci volete fare? Non ci stanno soldi per la sanità... »).
Provate a immaginare: se i presunti responsabili della corruzione fossero stati, per dire, due deputati del Pdl, la notizia non sarebbe stata forse divulgata con le fanfare? E Orlando e Saviano non ci avrebbero spalmato su ampie dosi di indignazione? E allora perché stavolta s’indignano, al contrario, per il fatto che la notizia viene pubblicata? Non ci hanno raccontato che bisogna sempre denunciare le piccole e grandi Gomorre?
Non abbiamo forse anche noi il diritto, come suggerisce sempre lo scrittore-eroe, di «sperare in un'Italia migliore »?E l’Italia migliore non è anche quella, per esempio, in cui i medici non rubano i soldi alle Asl? Per carità: che le accuse siano vere come al solito è tutto da dimostrare.
Ma è singolare che i portavoce dei pm scambino all’improvviso un fascicolo d’inchiesta per un «vile dossieraggio». Se di «vile dossieraggio» si tratta, in effetti, nel caso i responsabili sono i magistrati campani. Prego, citofonare Procura.
Fra l’altro, dalle Procure di questi tempi abbiamo visto uscire di tutto con grande facilità: intercettazioni, verbali, sms. Sono state tirate in ballo persone del tutto estranee e innocenti, sono stati pubblicati atti prim’ancora che fossero verificati, documenti giudiziariamente irrilevanti e utili solo allo sputtanamento mediatico, sono stati annunciati indagati mesi prima che ricevessero l’avviso di garanzia e mai una volta che i paladini della legalità si indignassero per il «fango ». Al contrario s’indignano ora, che per il nonno di Gomorra si sono rigorosamente aspettati la conclusione dell’inchiesta e il conseguente processo. Ripetiamo la parola così magari la capisce anche Cascio: processo.
Do you know , compare Leoluca? Mica sono suggestioni, ipotesi, deliri notturni alla Sara Tommasi.
Qui si parla di rinvio a giudizio. E dunque la domanda è una sola: il rinvio a giudizio per corruzione del padredi Saviano principe della legalità, è una notizia oppure no?
Capiamo che l’ex democristiano, ex retino (per il proto: senza c), ex ragazzo di Palermo, ex sindaco di Palermo, insomma ex, e infatti oggi portavoce dell’Idv, sia difficile capire e dunque anche capire che cos’è una notizia. Del resto lo diceva già Falcone, quando Orlando cominciò a straparlare: «Se sa qualcosa faccia nomi e cognomi, citi i fatti, altrimenti taccia». Purtroppo, non ascoltò mai il consiglio. Ha continuato a parlare a vanvera. Pericolosamente.
Come nel ’95,durante quella tragica trasmissione di Santoro, quando attaccò in diretta e senza diritto di replica il maresciallo Antonio Lombardo, accusandolo di essere al servizio dei mafiosi. Il carabiniere si tolse la vita pochi giorni dopo, lasciando scritto: «Mi sono ucciso per non dare la soddisfazione a chi di competenza di farmi ammazzare e farmi passare per venduto».
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