Leonardo Sciascia, un ispano-siculo fino in fondo

L’interesse di Leonardo Sciascia per la Spagna e la sua cultura è noto; lo scrittore siciliano lo ha dichiarato apertamente in una serie di annotazioni di viaggio pubblicate su giornali e periodici, riunite poi nel volumetto Ore di Spagna (Bompiani, 2000), comprendente anche una plaquette di fotografie di Ferdinando Scianna. In uno di questi interventi Sciascia non manca di confessare: «Avevo la Spagna nel cuore. L’ho ancora». L'autore rivela inoltre che è stata la scoperta della limpida prosa di Ortega y Gasset, di cui si è nutrito per imparare la lingua spagnola, e dell’opera saggistica di Unamuno che lo portò ad allontanarsi dalla lezione illuministica francese per avvicinarsi alla cultura iberica, alla quale sente di appartenere per filiazione genetica. Del resto fu lo stesso Calvino a spronarlo affinché tenesse presente la linea di continuità della Spagna-Sicilia invitandolo, per diventare veramente universale, a essere «ispano-siculo e magari arabo-siculo fino in fondo». Una raccomandazione che Sciascia fece subito sua guardando ai nomi più significativi della generazione letteraria del ’98 (in particolare, Miguel de Unamuno con la rilettura del suo Don Chisciotte) e a quelli del fioritura poetica del ’27, sui quali domina la figura di Federico García Lorca.
Ora un nuovo libro di Estela González de Sande (Leonardo Sciascia e la cultura spagnola, La Cantinella, pagg. 236, euro 22) contribuisce a illustrare lo stretto legame esistente tra lo scrittore e la Spagna, modello mitico e ideologico che ha influito sulla sua formazione umana ed intellettuale.
Il volume ricostruisce, attraverso precisi riferimenti tratti dalla produzione narrativa e saggistica dello scrittore, il processo di graduale scoperta e innamoramento della realtà spagnola. Vale la pena citare il libro Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia (1977), dove i protagonisti nel loro peregrinare nella penisola iberica ricordano le celebrazioni dell’anniversario della vittoria di Franco a Madrid; oppure è sufficiente richiamare il precedente racconto Antimonio (1960), in cui la capitale, centro strategico della guerra civile, è martoriata da incendi e bombardamenti aerei. Ancora più incisiva è la lettura della letteratura spagnola contemporanea, fino a comprendere un autore molto noto come Manuel Vázquez Montalbán.

Il libro riserva poi un capitolo alle traduzioni italiane di Sciascia, tra cui spicca quella della celebre elegia lorchiana Lamento per la morte di Ignazio Sánchez Mejías.
Con il tempo la Spagna diventa per Sciascia un riferimento umano e culturale imprescindibile: come la Sicilia, più che una nazione è un modo di essere o, meglio, un luogo dell’anima.

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