«Il Leonka è una bomba, il Comune resti fuori»

La «bomba» Leonka continua a spaccare il Comune. E mentre Alleanza nazionale alza nuovi paletti al dialogo avviato dall’assessore Giovanni Terzi con gli antagonisti del centro sociale di via Watteau, Forza Italia invita Palazzo Marino a non invischiarsi: «Comune garante? Meglio di no». «No» che l’assessore azzurro Bruno Simini sillaba e ripete ad ogni virgolettato.
«Sarebbe un errore, un gravissimo errore se l’amministrazione comunale si spingesse oltre. Quella del Leoncavallo non è una vertenza con il Comune» spiega Simini, che rileva «analogie con la vicenda della scuola coranica di via Quaranta». Quali? «Strutture fuori dalla legalità, terre di nessuno dove il Comune interviene responsabilmente per riportarle su un percorso di regole».
Impresa non facile, anzi in entrambi i casi «a giocare contro c’è pure un deficit di comunicazione» chiosa Simini. Come dire: «Palazzo Marino deve illuminare la strada che porta alla legalità. Niente più di questo. E questo non significa né fare sconti né fare accordi». Sconti e accordi, aggiunge l’assessore ai Lavori pubblici, quelli del Leoncavallo «possono chiederli alla proprietà oppure alla giustizia ma non ad un’amministrazione pubblica». Messaggio inequivocabile, della serie «le regole non si cambiano neanche quando è stato fischiato il calcio d’inizio».
Linea condivisa anche da un altro assessore della giunta di Letizia Moratti, Maurizio Cadeo: «Non possono esistere accordi tra il Comune di Milano e il gruppo Cabassi per la legalizzazione del Leoncavallo. Una cosa è sostenere la necessità che il popolo dell’antagonismo meneghino segua un percorso di legalità e altra cosa è sostenere il dialogo con chi continua a violare la legalità dopo essersi macchiato di episodi di violenza».
Trenta e più anni passati tra occupazioni abusive, illegalità e violenze quotidiane che hanno dato tanto lavoro a questori, prefetti e interi battaglioni di carabinieri. «Il passato non si cancella con un colpo di spugna. Bisogna che i leoncavallini abiurino quel passato e poi, solo poi il Comune può intervenire». Ma, sostiene pure l’assessore Cadeo, senza giocare il ruolo «del garante politico» o «spendere soldi» oppure, ancora «affidare la gestione di un’area comunale agli autonomi».
Niente di tutto questo. Anche se, finora, la famiglia Cabassi - proprietaria di quei quattordicimila metri quadrati in fondo a via Melchiorre Gioia - non si è ancora pronunciata sulla proposta ventilata all’incontro in prefettura con l’assessore Terzi: l’ex stamperia occupata dai leoncavallini sarebbe presa in locazione da una Fondazione e da questa «sublocata» agli autonomi. Sarebbe comunque la Fondazione a pagare l’affitto dell’area, naturalmente a «un prezzo politico». Ipotesi che, in verità, già in passato era stata messa sul piatto con nessuna reazione positiva da parte della proprietà.


Tutto in stand by, dunque. Anche se nella prossima giunta, c’è da scommetterci, il tema Leoncavallo sarà affrontato. Da chi? Be’, dall’assessore Terzi che vorrebbe risolvere la questione senza spaccare ulteriormente la maggioranza.

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