Lultima volta che ci sono andati era stato in campagna elettorale. Lì al civico 7 di via Watteau a raccogliere consensi. Voti cercati dagli aspiranti inquilini di Palazzo Isimbardi offrendo in cambio la disponibilità a risolvere il problema abitativo dei leoncavallini su cui pendeva la minaccia dello sgombero. Già, trovare una nuova casa agli autonomi che in quattordici anni hanno trasformato quellex fabbrica dismessa nel luogo simbolo dellantagonismo.
Ma i tempi del centrosinistra non sono quelli degli ufficiali giudiziari e la minaccia di sfratto è ora realtà. «Siamo arrivati alla fine delliter processuale e il 18 ottobre dovrebbe esserci laccesso della forza pubblica» dice Matteo Cabassi a nome della famiglia proprietaria dellimmobile. Il 18 ottobre dovrebbe quindi esserci lingresso della forza pubblica, dopo che per due volte lo sgombero è stato evitato in extremis. E, loro, i leoncavallini tornano a battere cassa: «Ci appelliamo alla Provincia perché tenti di ampliare il sottile terreno di soluzioni possibili. Dal Comune di Milano non ci aspettiamo più nulla, viste le continue chiacchiere e i pochissimi gesti concreti di questi anni» dice Daniele Farina, portavoce degli antagonisti. Segue raccomandata delle mamme antifasciste del Leonka, lassociazione colpita dalla sentenza di sgombero del tribunale di Milano: «Noi non ce ne andremo per rispetto alla memoria storica del centro e per rispetto alla nostra coerenza. Sul nostro grembiule cè scritto, lunica lotta che si perde è quella che si abbandona. Ecco, noi la lotta non labbandoneremo mai. Qui siamo e qui restiamo».
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