Gianandrea Zagato
Ultimora: il Leoncavallo resta dovè, in via Watteau. Motivo? Lo sfratto è stato rinviato al 19 gennaio 2007. Ancora un po di tempo, sessantacinque giorni, perché secondo Daniele Farina, portavoce di via Watteau, «prevalga il buon senso» sotto la «regia» delle Istituzioni. E il pensiero corre a quel progetto di regolarizzazione del centro sociale che Palazzo Marino ha già presentato in Prefettura: passaggi amministrativi che richiedono tempo, almeno altri venti-trenta giorni.
An e Lega si chiamano però fuori come pure spezzoni di Forza Italia, che rispolverano ad uso dei cronisti interviste da campagna elettorale di Letizia Moratti dove lattuale sindaco affermava che «la legalità è un valore e i centri sociali come il Leoncavallo, o i campi nomadi, vanno sgomberati».
Ma lassessore allo Sport e Tempo libero, Giovanni Terzi, non demorde: «Comprensibile che nella maggioranza ci siano posizioni differenti ma conta la sostanza. Con i capigruppo della Casa delle Libertà stiamo ragionando per portare questo problema in aula, in consiglio comunale». Passaggio delicato, quindi: «O cè la volontà di risolvere questo problema oppure non cè alcuna disponibilità a mediare nonostante la certezza che questa amministrazione non farà alcun regalo al Leoncavallo».
Virgolettato inequivocabile ma per Carlo Fidanza, capogruppo di An, fa fede «quella mozione firmata dalla maggioranza che poneva al sindaco e alla giunta tre linee di condotta, tra cui nessuna legittimazione fintanto che il Leonka è fuori dalla legalità». Come dire: non viene meno «la volontà del gruppo di An ad affrontare la questione fino in fondo ma partendo dal presupposto che se cè una situazione da sanare è per responsabilità loro, dei leoncavallini, e non certo del Comune».
Tutto chiaro? Se non lo fosse a sufficienza, be ci pensa il leghista Massimiliano Orsatti, lassessore alle Identità, a tradurre nero su bianco eventuali incomprensioni: «Prima di tutto il Leoncavallo deve dimostrare al Comune la volontà di uscire dallillegalità. Poi, solo dopo il completamento del percorso di legalizzazione, il Comune ha lobbligo di sedersi a un tavolo e ragionare su una soluzione». Altrimenti? Niente da fare, anche se Alan Rizzi (Forza Italia) rimarca che «non sarebbe riconosciuto il centro sociale ma il luogo» poiché «il contratto daffitto con la proprietà dello stabile occupato dal Leoncavallo (gruppo Cabassi) non sarebbe fatto dagli stessi occupanti bensì dalla Fondazione la città che vogliamo». Fondazione nata due anni fa e dove Palazzo Marino non aveva voluto entrare.
Spiegazione procedurale che Rizzi fa seguire da un invito «a lavorare in silenzio per evitare di bruciare ogni possibilità di intervento».
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