DA LERNER GLI ANIMALI SONO «PIÙ UMANI»

Si fanno sempre meno figli («Non sai mai chi ti metti in casa» diceva Montanelli), in compenso aumenta in modo considerevole il numero degli animali domestici attraverso i quali cerchiamo di compensare solitudini marcate, relazioni umane frustranti, magari persino un pizzico di inconfessata misantropia. Se questo rovesciamento non solo statistico sia un segnale di decadenza per la nostra società se lo è chiesto Gad Lerner facendone il tema della puntata settimanale de L'infedele (mercoledì su La 7, ore 21,30), alla presenza di un qualificato parterre di ospiti quali il filosofo Emanuele Severino, l'etologo Danilo Mainardi, lo scrittore Emanuele Trevi, l'attrice Franca Valeri (che di animali in casa ne ha quasi una decina), gli studiosi Franco Marcoaldi e Paola Cavalieri. Si è cercato di volare alto, come è negli intendimenti di una trasmissione ambiziosa quale è L'infedele, anche se si è dovuto aspettare quasi la fine della puntata per sentir confessare in modo schietto e diretto da uno degli ultimi intervistati confusi tra il pubblico il pericolo dell'instaurarsi di un rapporto morboso con gli animali («Mi sono accorto che nel momento in cui avevo difficoltà in famiglia cercavo progressivamente rifugio nel mio cane»). È stato l'unico momento in cui il tema della trasmissione è sembrato trovare piena e sincera soddisfazione, uscendo per un attimo dai complessi e un po' freddi discorsi giuridico-intellettuali sulla necessità di uniformare i diritti umani a quelli animali, cui si sovrapponevano una serie di altre argomentazioni (come il triste destino dei polli nell'era dell'aviaria o il consueto rischio di «umanizzare» i comportamenti animali) che finivano per allontanare il discorso dal secco interrogativo con cui si era dato il via alla puntata. Cosicché il lato più curioso della trasmissione, a ben vedere, è stato rendersi conto di quanta ritrosia vi sia a prendere di petto - senza giri di parole e con effettivo disincanto - il tema del nostro rapporto con gli animali, a fronte di rapporti umani sempre più difficili e complessi, e di come questa ritrosia a esprimersi in prima persona sia ancora più evidente e paradossale se messa a confronto con la disinvoltura con cui si tratta e sviscera ogni genere di altro problema in televisione. Non è questo, del resto, l'unico cortocircuito comunicativo riguardante il mondo degli animali.

Mai come in questi ultimi anni si sono dedicate ad esempio ore e ore di trasmissioni in loro difesa e conoscenza, sia dal punto di vista documentaristico che pragmaticamente divulgativo, eppure non è certo cresciuto come ci si poteva aspettare un adeguato senso di rispetto nei loro confronti, una effettiva consapevolezza dei loro bisogni, della loro fierezza e dignità.

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