Lettera (bella e nobile) di uno juventino sul Toro in serie B

Caro Giordano,
dopo aver letto, un po’ ingobbito, la sua affettuosa colonna sul Toro retrocesso, non ho perso neppure un briciolo della simpatia che ho per lei e, generalmente, per chi come lei, non contento di andare controcorrente sul lavoro, si ostina a scegliere la parte più sfigata possibile anche come supporter calcistico. Non importa se quel suo cieco insistere sull’attributo “gobbo”, come sull’insulto più feroce che si possa rivolgere a un avversario pallonaro, nell’occasione rischi di apparire un po’ patetico oltre che fuori luogo. Forse nella foga le sarà sfuggito, caro Direttore, che dare e ri-dare del “neo-gobbo” a chi si gioca onestamente, cioè senza pastette, la propria partita, anche a costo di tradire, per troppa sportività, l’idillio fra disperati qual era sino a ieri il vostro gemellaggio coi genoani, è un gran bel riconoscimento di lealtà sportiva per i “gobbi” veri. E quell’attestato, se pure inconsapevole, proveniente da uno come lei, che da una vita rosica invidia e odio sportivo contro i colori bianconeri, non è cosa da poco. Ha fatto bene il suo caro bambino a rivendicare la sua scelta coraggiosa di esporre la bandiera granata proprio nel giorno buio della retrocessione. Quel gesto “e-gregio” sinceramente mi commuove e ha un inestimabile valore ideale in tempi in cui i piccoli “tengono” solo per chi vince e i grandi s’intruppano nel gregge dei più forti solo per convenienza di branco. Quanto a lei, intellettuale coerentemente schierato - come me - dalla parte (politica) sbagliata, continui pure a essere fazioso nella sua sofferenza calcistica, ma non si lasci corrompere dall’esempio del suo collega Gramellini, la cui scorrevolissima penna s’inceppa penosamente non solo quando parla della Goeba, ma anche quando vomita sarcasmo contro il Premier, dandogli del nano in maschera, del piazzista trapiantato con bandana e del venditore di tappeti. Eppure al suo collega granata, se fosse veramente libero, basterebbe guardare nel proprio cortile per trovare qualche comodo esemplare umano non proprio perfetto, e per di più gobbo, da prendere in giro. Una carezza gobba ma carica di affettuosa solidarietà e ammirazione per il suo piccolo granata coraggioso.

Caro Tozzini, mi verrebbe da dire che la sua è una lettera così bella e nobile che mi pare persino strano che possa averla scritta uno juventino... Ma ritiro subito la battuta: questa volta depongo la sciarpa da supertifoso, con cui ho scritto l’altra volta, e provo a rispondere usando la testa, anziché il cuore (nella speranza che la testa, a differenza del cuore, non sia ancora andata in frantumi). Voglio solo precisare, anche per rispondere ad alcuni amici genoani che mi hanno scritto, che io non ho mai lamentato il fatto che Milito&C siano venuti a Torino a giocare la loro partita, ci mancherebbe. Mi sarebbe piaciuto, piuttosto, che avessero giocato con la stessa grinta e la stessa intensità anche a Bologna. Non è stato così, ed è questo che mi dispiace. Il mio fratello di virus Gramellini? Lui comunque è un grande, vedrà che saprà scrivere parole di fuoco contro i big bianconeri. La carezza a mio figlio? Gliela faccio sicuramente (stamattina è pure andato a scuola con la maglia del Toro, quel temerario... ).

Ma per quanto riguarda l’invidia, ecco, no: noi del Toro siamo abituati a cadere in basso, ma mai così in basso da desiderare di diventare juventini (e qui, caro Tozzini, mi fermo e le chiedo scusa: su questi temi proprio non ce la faccio a usare la testa... ).

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