la lettera del ministro

la lettera del ministro

Caro Direttore,
ho letto con interesse l’editoriale di Vittorio Feltri pubblicato dal suo Giornale e ne condivido quasi integralmente il contenuto laddove si ricorda il lavoro di Guido Bertolaso e soprattutto si stigmatizza il modo in cui è stato, di fatto, costretto alle dimissioni. Credo che Franco Gabrielli abbia raccolto ottimamente l’eredità di capo della Protezione Civile e stia operando nel miglior modo possibile dinanzi ad eventi decisamente eccezionali e con risorse limitate. Feltri, in chiusura, mi chiama in causa affermando che, andato via Bertolaso, ci è rimasto il Ministro dell’Ambiente, giusto per chiedersi dove io sia finita. Non mi sottraggo, e vorrei chiarire preliminarmente a Feltri e ai suoi lettori che il capo della protezione civile e il ministro dell’ambiente rispetto alla difesa del suolo non hanno ruoli analoghi né intercambiabili. Il Ministero si occupa della prevenzione, la protezione civile interviene a disastro avvenuto. Altrimenti sarebbe come dire che il problema degli incidenti stradali è avere buone ambulanze per trasportare i feriti, non cercare di prevenire le tragedie della strada.
Per quello che mi riguarda, ho sostenuto in tutte le occasioni l’urgenza di misure incisive e di impegni economici seri per difendere il nostro disastrato paese in cui l’80% dei comuni (seimila su ottomila) presenta situazioni di rischio idrogeologico per affrontare le quali sarebbe necessari decine di miliardi. Una cifra enorme quanto enorme è rischio di un paese in cui il territorio è stato violentato, costruendo negli alvei dei fiumi, cementificando i letti dei torrenti, disboscando aree e pendii. Una responsabilità di decenni che riguarda governi e, soprattutto, amministrazioni locali d’ogni colore e d’ogni parte d'Italia. Ma per ottenere risultati si doveva innanzi tutto voltare pagina sul fronte della prevenzione dove dal ’99 al 2009 sono stati stanziati circa 300 milioni di euro all’anno polverizzati in centinaia di interventi richiesti dai singoli comuni e spesso utilizzati per altre finalità in assenza di controlli e verifiche.
Per questo abbiamo deciso per la prima volta di mettere attorno a un tavolo Ministero, Regioni, Protezione Civile e abbiamo stilato insieme il Piano Nazionale per la difesa del suolo che convoglia dentro un programma organico le risorse nazionali (un miliardo di fondi Fas e 400 milioni di dotazione di bilancio del Ministero) e i fondi Regionali (un altro miliardo) per affrontare le principali emergenze a livello nazionale.
Va detto che dal miliardo FAS il parlamento con voto bipartisan ha sottratto 200 milioni per far fronte alle conseguenze delle alluvioni del 2009 e del 2010 nelle regioni del nord. Ancora una volta i soldi che dovevano servire per prevenire i disastri sono stati dirottati per ripagare i danni conseguenti ai disastri. Inoltre i restanti 800 milioni non sono stai mai materialmente erogati al Ministero dell’Ambiente che finora ha potuto utilizzare solo i 400 milioni del proprio bilancio. La famosa litigata con Tremonti di qualche mese fa riguardava proprio questo problema. Poi ci sono stati i tagli dell’ultima manovra che hanno ulteriormente assottigliato il fondo e contro i quali mi sono battuta fino a minacciare di non votare la legge di stabilità, riuscendo così a recuperarne una parte.
Oggi il piano c’è e credo vada ascritto fra i meriti di questo Governo averlo definito e, seppur in parte, avviato dopo decenni di gravissima sottovalutazione del problema. Quel piano va certamente finanziato tutto e subito con una doppia consapevolezza: che gli interventi programmati si realizzano in alcuni anni e che un piano da due miliardi affronta solo la punta dell’iceberg del dissesto.

Ciò significa che di fondi ce ne vorranno ancora molti e che si tratta di è un impegno che i governi di questo paese devono assumersi per i prossimi decenni. Questo è l’impegno che io ho assunto per la mia parte e che fino a che sarò ministro dell’Ambiente cercherò di onorare con tutte le mie energie.
*ministro dell’Ambiente

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