Letteratura, R.J. Elroy: "Non amo gli hobbit, meglio i serial killer"

Lo scrittore al Festival della letteratura di Mantova racconta come è nato il suo ultimo romanzo Un semplice atto di violenza. E la sua passione per i serial killer

Letteratura, R.J. Elroy: 
"Non amo gli hobbit, 
meglio i serial killer"

Washington è sconvolta dai brutali omicidi compiuti dall’«assassino del nastro». Ha già ucciso quattro donne, firmando i suoi delitti cospargendo di lavanda le vittime e lasciando loro legato un nastro al collo. A dare la caccia all’imprendibile serial killer è il detective dal passato inquieto Robert Miller, intrepido protagonista dell’ultimo noir di R.J. Ellory intitolato Un semplice atto di violenza (Giano Editore) che conferma la sua attitudine di protagonista del panorama britannico. Un’indagine che, poco alla volta, porterà l’agente Miller a doversi occupare delle attività illecite della Cia in Nicaragua.

I serial killer sono la sua passione...
«Sono sempre stato affascinato dalle persone che sono portate a compiere un crimine - ci spiega R.J. Ellory che in questi giorni è ospite al Festivaletteratura a Mantova - e il semplice fatto che i crimini seriali siano considerati i più incomprensibili è un argomento per me ancora più affascinante. Possiamo arrivare a capire perché la gente ruba e commette una frode, perché uccide per rabbia o a causa dei pregiudizi e della gelosia, ma i serial killer sembrano essere motivati da qualcos’altro. Un movente misterioso che non è mai stato capito fino in fondo e probabilmente mai lo sarà».

Parlare del Nicaragua vuol dire pescare nel passato torbido dell’America...
«Ho scelto il Nicaragua perché ho ritenuto che fosse una parte della storia americana recente che era stata troppo a lungo nascosta. Nessuno degli agenti segreti americani operativi in Nicaragua ha mai saputo quanto realmente dovesse andare in profondità la sua opera di cospirazione, né quale tipo di distruzione avrebbe causato ai danni della popolazione locale. Penso che chiunque analizzi, non sommariamente, le azioni del governo degli Stati Uniti in molte aree internazionali sia colpito e stordito dagli orrori che sono stati perpetrati in nome della politica estera. Il Nicaragua è soltanto uno dei molti Paesi in cui l’influenza finanziaria, la corruzione, gli omicidi, lo spaccio di droga, la tratta delle armi e l’estorsione sono stati impiegati per controllare un popolo e servirsi di certe risorse naturali».

Ma chi è in realtà il suo detective Miller?
«Robert Miller sono io, ma anche voi e chiunque altro si trovi nelle condizioni di cercare di scoprire la verità a proposito di eventi che sono stati oscurati per anni. Miller è un buon uomo che prova a identificare la verità nonostante le avversità che lo circondano».

Tutte le sue storie raccontano l’America criminale. Perché?
«Sono stato svezzato fin dall’infanzia grazie alla cultura americana. Sono cresciuto guardando telefilm come Starsky and Hutch, Hawaii Five-O, Kojak, Sulle strade di San Francisco. Mia nonna era una grande fan dell’età dell’oro di Hollywood e così ho diviso la mia infanzia con Humphrey Bogart e Lauren Bacall, con Barbara Stanwyck, Bette Davis, Edward G. Robinson, James Cagney, Jimmy Stewart e Cary Grant. Sono stati, in un certo senso, i miei zii e le mie zie. Ho sempre amato l’atmosfera degli Stati Uniti, la sua diversità di cultura. Anche la sua politica mi ha sempre affascinato.

E visto che voglio scrivere storie che parlano di cospirazioni politiche, assassinii seriali, conflitti interrazziali, delitti politici e indagini della Cia e dell’Fbi non potevo scegliere una location migliore per i miei romanzi. Le mie storie non funzionerebbero se le ambientassi in piccoli, villaggi verdi e frondosi in cui trovate gli hobbit!».

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