Letteratura

Giornale di guerra e di prigionia: inedito di Gadda e magnifico Adelphi

La denuncia ai profittatori di guerra, l'amore per la madre e la sorella, la separazione da se stesso, come un'avvenuta mutilazione, nello scoperta di aver perduto il fratello Enrico. Tutto questo sono gli struggenti diari di guerra di Gadda. Scritti "impossibili" secondo il saggista Giorgio Pinotti

Giornale di guerra e di prigionia: inedito di Gadda e magnifico Adelphi

Nulla può esserci di più struggente che leggere il Giornale di guerra e prigionia di Carlo Emilio Gadda, se non assistere alla sua lettura, struggente, da parte di un artista grande come Fabrizio Gifuni per Più libri più liberi. All'oscuro di una sala gremita, a tratti sorridente e a tratti commossa, perché Gadda sa far sorridere, ridere, piangere, scuotere le viscere e correre i brividi sulla pelle solo come chi sa scrivere con forza, sentimento e delicatezza oggettiva può, i passi inediti dell'ultima fatica portata alla luce da Adelphi lascia con il fiato sospeso e convince il lettore ad immergersi nel mondo della guerra di Gadda, arruolatosi patriottardo, tornato devastato nell'animo e nel corpo dal fronte. Avvelenato dalla condotta dei generali e dei miserabili profittatori di guerra, e umiliato dalla prigionia obbligata nella fortezza Rastatt.

Scritto tra il 24 agosto 1915 al 31 dicembre 1919, il diario di guerra e prigionia vergato da Gadda è un diario "impossibile", spiega Giorgio Pinotti, editor presso l'ottima casa editrice Adelphi che non perde occasione di sfornare tesori di carta che sanno raccontare la storia inedita. Impossibile perché lo stesso Gadda riteneva se stesso incapace di portare a termine una simile e inutile e incongrua fatica, scriverà proprio nel castello di Udine in Impossibilità di un diario di guerra. Impossibile perché sono taccuini, molti, scritti di getto, con una prosa e allo stesso tempo una poesia tipica dell'autore, sbalorditivi, ma mai rivista, mai corretta, mai più editata. Ed è questo che colpisce, con un colpo di pistola al cuore: pensare che il giovane Carlo Emilio Gadda contenesse tutto quel talento da sfogare, e nel frattempo, combattesse una guerra con i suoi alpini dell’89º reparto mitragliatrici inquadrato nel 5º reggimento.

Il Giornale di guerra e di prigionia di Carlo Emilio Gadda nella sua versione completa si rende in mano a lettore uno strumento storico di basilare importanza, mediante le testimonianze minuziose, tempi, luoghi, procedure, e come giustamente viene in più occasioni ricordato un "laboratorio" di scrittura che sa mostrare il groviglio di emozioni provate dal giovane sottotenente che era partito spinto dall'amor di patria coltivato da una famiglia che non voleva in alcun modo deludere; anzi, voleva soddisfare nell'aspettativa tanto quanto avrebbe fatto l'amatissimo fratello Enrico Gadda, che prontamente era partito, arruolato negli Alpini come lui.

Negli scritti di Gadda, dopo un resoconto inframezzato da brevi riflessioni e divagazioni dovute all'attesa, dell'arrivo al fronte, si può fin da subito riscontrare la vacuità delle alte sfere militari al confronto con la dura vita di truppa, la disorganizzazione del Regio Esercito e la spietata tendenza dello scarico di responsabilità che finisce per spingere una tenera vittima come il sottotenente Gadda, al profluvio di ingiurie, imprecazioni, turpiloquio che sfocia addirittura nella maturazione du sogni di vendetta: "Se avessi avuto innanzi un fabbricatore di cal­zature, l’avrei provocato a una rissa, per finirlo a coltellate", scriverà affranto e sull'orlo di un raptus omicida, quando si ferma a guardare con lucidissimo sguardo le calzature dei suoi soldati che si lacerano un poche settimane, mentre si marcia e giace nel fango gelato delle montagne scosse dalle cannonate. Non mancheranno le disamine sulla truppa, sulla diversità umana che la compone, e sull'alienazione dell'artista che altro non può fare se non astrarsi dagli uomini che lo ripudiano in quanto tale: un diversamente sensibile. Per assurdo saranno i compagni di prigionia trascorsa a Celle Lager, nella "baracca 15c" dove troverà poeti e letterati come Bonavetura Tecchi e Ugo Betti, a ricordagli di non essere solo al mondo.

I resoconti sulla disfatta di Caporetto, le espressioni colorite nei riguardi di "Cecco Beppe" reggente d'Austria, la fame, il freddo penetrante nelle celle della fortezza Rastatt dove si susseguono appelli su appelli per dileggiare i prigionieri, il lento, attonito e apatico rimpatrio su di un treno senza vetri, condotto in un futuro che Gadda quasi predice di non sapere affrontare. E infine, la straziante scoperta della perdita di quello che non stenterà a definire come "la parte migliore di se", suo fratello Enrico, passato al Servizio Aeronautico dopo essersi distinto nei combattimenti sul Monte Sperone, e deceduto in un incidente aereo mentre era sulla via del ritorno a bordo di un caccia monoposto Nieuport 27.

L’edizione proposta da Adelphi, curata da Paola Italia con una nota di Eleonora Cardinale, è integrata dei preziosi taccuini inediti recentemente acquisiti dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, e si conferma una testimonianza poderosa della Storia d'Italia, quanto della storia di un grande vanto italiano come ha saputo rendersi solo Carlo Emilio Gadda.

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