Indicare la rotta: ecco il ruolo (dimenticato) del padre

Pubblichiamo, per gentile concessione dell'editore, un estratto di Padri e figli. I sentieri della paternità di Mariolina Ceriotti Migliarese (Edizioni Ares)

Indicare la rotta: ecco il ruolo (dimenticato) del padre

Tutti partiamo da una posizione infantile nella quale ciò che prevale è il senso di onnipotenza, e ciò che ci muove è soprattutto il desiderio di rispondere ai nostri bisogni: il bambino è naturalmente egocentrico e prepotente, perché gli strumenti di cui dispone lo rendono poco capace di porsi da un punto di vista diverso dal suo.

L’evoluzione cognitiva, con il progressivo accesso al pensiero astratto e capace di cogliere più punti di vista, è un prerequisito indispensabile per questa evoluzione, ma da sola non sarebbe sufficiente: per decidere in merito alle priorità e ai valori che ispireranno la sua vita, l’essere umano ha bisogno che qualcuno gli indichi la via da seguire, che lo aiuti a riflettere su ciò che è più importante, che sostenga in lui la fatica di rinunciare all’onnipotenza, insegnandogli ad accettare il pensiero della morte come naturale compagna di viaggio. Qualcuno che, pur nel dubbio e nella fatica, tenga aperta la porta alla speranza che il futuro non si chiuderà sul buio della morte.

È necessario che qualcuno faccia strada, perché su quella strada si è incamminato e cammina un po’ più avanti: qualcuno che sia credibile e del quale ci si possa fidare.

Per orientare il proprio comportamento, il cucciolo d’uomo guarda a suo padre: alla sua onestà o disonestà, alla sua fedeltà o infedeltà, alla sua tenacia o al suo scoraggiamento; intuisce nel modo di agire del padre qual è il valore che il padre stesso dà alle cose e qual è il rispetto che riserva alle persone.

Non si tratta di considerazioni astratte: il bambino guarda al modo in cui il papà tratta lui e la mamma, a come parla del suo lavoro; si accorge se papà ama i libri o se ama lo sport; se aiuta in casa o si siede in poltrona; registra anche senza saperlo il modo in cui il papà vive l’amicizia, come si relaziona con le persone che incontra e in che modo parla di loro tra le mura domestiche. Tutto questo il figlio osserva e trattiene dentro di sé, sarà per lui un punto di partenza, un riferimento positivo o negativo: qualcosa da imitare o da contrastare una volta che sarà diventato più grande. Abbiamo dunque una grande responsabilità, che non deve però spaventarci, ma piuttosto stimolarci: sapere che i piccoli guardano a noi con fiducia è solo un invito a non rimanere fermi e seduti nel nostro modo di essere, ma a imparare a metterci in discussione e a considerarci sempre in cammino.

Non dobbiamo pensare che i figli ci vogliano perfetti: tutti i ragazzi che ho ascoltato portano nel cuore amore per i genitori, anche quando esprimono critiche aspre nei loro

confronti. Tutti desiderano un rapporto buono. I figli, quando sanno di essere amati, accettano e perdonano i limiti che scoprono nei loro genitori, soprattutto quando, divenuti a loro volta adulti, imparano a comprenderli.

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