Letteratura

Il mito immortale di Re Artù

John Steinbeck torna in libreria con Le gesta di re Artù e dei suoi nobili cavalieri, in cui abbandona il terreno polveroso della California per trasferirsi nella leggendaria terra di Camelot

Il mito immortale di Re Artù

John Steinbeck è un autore che non ha bisogno di presentazioni. Premio Nobel per la letteratura nel 1962, lo scrittore californiano ha dato vita ad alcuni dei capolavori imprescindibili della letteratura, come La valle dell'Eden e Furore. Opere, queste, che posavano lo sguardo sugli ultimi, su quei personaggi che sono costretti a vivere giorno per giorno, senza grandi progetti se non quello di sopravvivere a un'altra nottata. Come fa anche in Uomini e topi Steinbeck ricerca la bellezza nella terra, in quella frontiera americana piena di promesse che non sono mai state davvero mantenute, sfociate poi nella cosiddetta Grande Depressione. Con Le gesta di re Artù e dei suoi nobili cavalieri, che arriva in libreria grazie a Bompiani, Steinbeck mette da parte gli strascichi di un'umanità stanca e polverosa e approda al mito e agli eroi.

re Artù

Il mito di Re Artù secondo John Steinbeck

Un mito che appartiene prima di tutto allo scrittore stesso, che nella prefazione dell'opera curata da Luigi Sampietro rievoca la prima volta che si è imbattuto nella storia di re Artù e del mito della Tavola Rotonda. Nelle prime pagine del libro si sente potente la voce di Steinbeck che racconta la sua scoperta di ragazzo, il modo in cui la storia del re di Camelot lo abbia trascinato anche a sviluppare un amore appassionato per la lingua inglese che lo avrebbe poi portato a diventare uno scrittore di così alto livello. "Per molto tempo ho desiderato trasferire nella lingua d'oggi le storie di re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda," scrive John Steinbeck. "L'incanto che provai all'inizio, e che continuo a provare per questi racconti, non è generalmente condiviso. Ho voluto trasporli nel semplice linguaggio del giorno d'oggi per i miei giovani figlioli, e per altri figli non altrettanto giovani".

In effetti leggendo Le gesta di re Artù e dei suoi nobili cavalieri la prima cosa che si avverte è la passione che Steinbeck riversa sulla pagina e che spinge il lettore a provare un entusiasmo simile, come se egli stesso si fosse tramutato in un eroe di Camelot, in uno dei tanti testimoni che videro il giovane Artù estrarre la leggendaria spada nella roccia, per unire l'Inghilterra sotto un unico re. Va detto, però, che il libro di John Steinbeck ha una struttura che richiama molto da vicino quello della raccolta dei racconti. Non è propriamente un romanzo, quanto piuttosto una giustapposizione di eventi e personaggi leggendari: scorci su una vita passata e immortale, che pur avendo una loro continuità di fondo, non appaiono come una vera e propria trama orizzontale. Va da sé, dunque, che questo tipo di struttura narrativa deve piacere, o si corre il rischio di spazientirsi o di veder sfumare via l'attenzione.

Ma la penna di John Steinbeck, pur in un libro iniziato nel 1956 e rimasto incompiuto a causa della morte dell'autore, è una di quelle capaci di ricordare a cosa servono le storie e perché è così facile innamorarsi della grande letteratura.

Le gesta di re Artu

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