Letteratura

È morta la scrittrice Michela Murgia

La scrittrice 51enne Michela Murgia, paladina della sinistra radical chic, è deceduta oggi a causa di un cancro al rene al quarto stadio

La scrittrice sarda Michela Murgia è morta

Scrittrice, femminista e attivista politica. Michela Murgia, classe 1972, natìa di Cabras, paesino sardo di 8mila abitanti, è morta alcuni mesi dopo che le era stato diagnosticato un cancro renale al quarto stadio.

Gli esordi come scrittrice

La Murgia, diplomata in un istituto tecnico, nel corso della sua vita professionale ha svolto molti lavori prima di intraprendere la carriera letteraria tra cui la supplente di religione in virtù degli studi di teologia che aveva intrapreso. È stata cameriera, impiegata e, come lei stessa ha raccontato in una delle sue ultime interviste, portiera notturna in un hotel nel passo dello Stelvio. Il mestiere che più l’ha segnata è stato senza dubbio l’operatrice in un call center perché la Murgia ha preso spunto da questa esperienza per scrivere, nel 2006, il suo primo libro Il mondo deve sapere da cui Paolo Virzì ha tratto il film Tutta la vita davanti.

Il suo libro più famoso, però, è stato Accabadora del 2009 in cui la scrittrice sarda racconta di un’antica forma di eutanasia praticata nell’Isola e grazie al quale vince il premio Campiello, il premio Dessì e il Supermondello. Nel libro, la scrittrice sarda racconta anche la pratica dei “fill’e anima”, ossia l’usanza di accogliere e crescere in casa propria dei bambini di parenti o amici che, però, non vengono sottratti alla famiglia d’origine.“Il termine stesso fa sottintendere che ci sia una relazione preesistente alla domanda, che le due famiglie già si frequentino e che il bambino abbia una conoscenza diretta della persona che ‘lo chiede in figlio’. Ed ecco un altro elemento distintivo: la volontarietà”, aveva spiegato in un’intervista la scrittrice che, dall’età di 18 anni, si era trovata a vivere la condizione di “fill’e anima’.

La candidatura alla Regione Sardegna

Nel 2011 la Murgia, che da giovane aveva fatto parte dell’Azione Cattolica, ha scritto Ave Mary, E la chiesa inventò la donna, un libro che, dopo i primi apprezzamenti, fu criticato dall’Osservatore Romano per la sua“preparazione decisamente insufficiente sulla storia della Chiesa, e in particolare su quella delle donne nella Chiesa”. Nel 2013 pubblica L'ho uccisa perché l'amavo: falso!, un saggio contro il femminicidio scritto insieme a Loredana Lipperini, mentre nel 2015 esce il romanzo Chirú che ha scritto nell’anno più difficile e intenso della sua vita. La Murgia, nel 2014, infatti, scopre di avere un tumore ai polmoni e si separa da suo marito dopo quattro anni di matrimonio, il grafico Manuel Persico, più giovane di lei di 11 anni.

Sempre in quello stesso anno si candida alla presidenza della Regione Sardegna dopo aver fondato il partito indipendentista ProgReS, ossia Progetto Repubblica di Sardegna che ottiene solo il 10%. La Murgia, da sempre schierata a sinistra, classificatasi terza in quella competizione elettorale, non riesce, dunque, a conquistare i consensi necessari per essere eletta in Consiglio regionale. Si era già avvicinata alla politica nel 2007 quando, in occasione delle primarie del Pd, sostenne un giovanissimo Mario Adinolfi. In seguito la Murgia negherà di aver mai votato per il Pd e le sue posizioni di estrema sinistra la porteranno ad appoggiare, per le Europee del 2019, la lista Tsipras.

Michela Murgia, nuova maitre a penser

La Murgia, una volta ottenuta la fama nazionale e internazionale di intellettuale di sinistra, dopo le prime comparsate televisive in trasmissioni come Le invasioni barbariche, partecipa nel 2016 alla trasmissione Quante storie di Rai 3 in qualità di critica letteraria. L’anno successivo, sempre sulla terza rete, conduce il programma Chakra e nel 2018 Einaudi le pubblica il pamphlet Istruzioni per diventare fascisti, che viene tradotto in cinque lingue. Tra il 2019 e il 2020 conduce su Radio Capital, insieme ad Edoardo Buffoni, la trasmissione TgZero.

Dal gennaio 2021 la Murgia prende il posto dell’amico Roberto Saviano come curatrice della rubrica del settimanale L'Espresso che negli anni ’80 era affidata a Giorgio Bocca, l’Antitaliano, ma con le cambia nome in L'Antitaliana. Durante la pandemia critica la scelta del governo Draghi di affidare il ruolo di commissario straordinario l'emergenza Covid-19 al generale Francesco Paolo Figliuolo e il suo linguaggio battagliero. Intervistata da Giovanni Floris, dice: "Mi domando se questo linguaggio sia quello giusto da utilizzare con chi non è militare, ovvero tutto il resto del Paese. A me personalmente spaventa avere un commissario che gira con la divisa, non ho mai subito il fascino della divisa".

La malattia e l'impegno per l'antifascismo

Decisamente e fieramente femminista, attacca a più riprese il premier Giorgia Meloni e, in un post pubblicato sui suoi social ha scritto: “Ogni volta che incontro una donna potente, quello che mi chiedo è: “che modello di potere sta esercitando?” Se usa la sua libertà per ridurre o lasciare minima quella altrui, questo non è femminista”. E ancora: “È quindi inutile chiedersi se Giorgia Meloni sia femminista o non lo sia affatto solo perché è a capo di un partito. Fatevi domande sul suo modo di esercitare il potere e vedrete che il dubbio neanche vi viene”. In una delle sue ultime interviste, quella in cui rivelava al Corriere della Sera di avere un cancro renale al quarto stadio e che aveva davanti a sé solo pochi mesi di vita, si augurava “di morire quando Giorgia Meloni non sarà più presidente del Consiglio” perché “il suo è un governo fascista”.

Sempre in quella stessa intervista, la scrittrice sarda aveva annunciato la sua volontà di sposare il suo compagno, l’attore Lorenzo Terenzi, così da poter “consentire a una persona di decidere per me”. E, poi, precisa che si tratta di un uomo “ma poteva essere una donna” perché “nel prenderci cura gli uni degli altri non abbiamo mai fatto questione di genere” tant’è vero che lei definisce la sua una “family queer”, ossia “un nucleo familiare atipico, in cui le relazioni contano più dei ruoli.

Parole come compagno, figlio, fratello non bastano a spiegarla”.

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