Lo sport come diritto, motore di benessere e sviluppo per l'intera società, nel libro di Vito Cozzoli

Una riflessione profonda sul valore dello sport come leva di crescita civile ed economica. Vito Cozzoli nel libro "L’anima sociale e industriale dello sport" (Piemme) unisce esperienze personali e analisi, raccontando lo sport non solo come attività fisica o spettacolo, ma come diritto, motore di inclusione, benessere e sviluppo per l’intera società

Lo sport come diritto, motore di benessere e sviluppo per l'intera società, nel libro di Vito Cozzoli

In un’epoca in cui lo sport viene spesso ridotto a spettacolo o performance individuale, il libro di Vito Cozzoli "L'anima Sociale e Industriale dello sport" (Piemme) ci invita a riscoprirne il significato più profondo: quello di strumento di crescita sociale, culturale ed economica. Attraverso una narrazione che unisce esperienza personale, visione politica e riflessione civile, l’autore mostra come l’attività sportiva possa diventare motore di benessere collettivo, inclusione e sviluppo.

In questa intervista, Cozzoli — giurista, docente universitario ed ex presidente di Sport e Salute — ci accompagna in un viaggio che va oltre il campo da gioco, per comprendere come lo sport possa e debba essere una leva per costruire una società più giusta, più sana e più unita.

Il titolo del libro richiama due dimensioni dello sport spesso considerate separate: quella sociale e quella industriale.

"Lo sport ha due anime, apparentemente distinte ma complementari: quella sociale, che contribuisce alla creazione di comunità sane e quella industriale, motore di innovazione e di crescita economica. Lo sport va inteso non solo come attività fisica o intrattenimento, ma come diritto universale, ammortizzatore sociale, investimento per il futuro dei giovani e per il benessere dei meno giovani, ma anche volano economico, dalle competizioni locali che animano i piccoli centri fino agli eventi di respiro internazionale".

Un libro che invita, come dice Beppe Marotta nella prefazione, a scoprire la forza trasformatrice dello sport e a guardare oltre il campo da gioco per comprendere il ruolo dello sport nella costruzione di una società migliore, più giusta.

"Perché investire nell'attività sportiva significa investire sulla qualità della vita e sul benessere di tutti, significa promuovere il bene comune".

Lei ha guidato per tre anni Sport e Salute S.p.A. Qual è stato, secondo lei, il risultato più importante ottenuto in quel periodo per avvicinare lo sport alla vita quotidiana di tutti.

"Quando abbiamo iniziato nel 2020 eravamo il quinto Paese più sedentario d'Europa, poi siamo riusciti a scalare la classifica dell'Eurobarometro: un primo significativo passo in avanti per un cambio di rotta verso un paese più attivo. Dopo la pandemia l'obiettivo era creare le condizioni per la riscoperta del valore e della bellezza dello sport e i risultati sono arrivati: più praticanti, più sport di base, più benessere, più sport a scuola, più sport sociale e più sport industry. Cosi sono nati i playground di sport nei parchi, gli interventi nelle periferie, il reperimento di spazi nuovi nelle scuole, i bandi per aiutare le società sportive grandi e piccole, lo sport in carcere, le start up sportive. I risultati di alto livello arrivano se si allarga la base della piramide sportiva".

In un passaggio del libro definisce lo sport “farmaco per corpo e spirito”. In che modo può essere una risposta concreta alle fragilità sociali e psicologiche di oggi?

"Va incoraggiata di più la pratica sportiva in particolare tra i giovani: sport e scuola sono complementari. C'e bisogno di una rivoluzione culturale per affermare il valore formativo dello sport: sviluppo psicofisico e crescita sociale, etica e morale, educazione alla salute e ai corretti stili di vita, inclusione. Lo sport ha un valore educativo e formativo essenziale per lo sviluppo integrale dell'individuo. L'importanza dello sport va ben oltre il semplice benessere che deriva dall'attività motoria e incide profondamente sul carattere, sulle relazioni interpersonali e persino sulle prospettive di vita delle persone. Ecco perché è necessario promuovere una cultura sportiva come mezzo per lo sviluppo personale e collettivo, soprattutto nella scuola. L'attività sportiva come benessere psicofisico del singolo ma anche occasione per fare comunità".

Il libro analizza anche la dimensione industriale dello sport. Qual è oggi il peso reale del comparto sportivo sull’economia italiana?

"Lo sport è oggi un pilastro dell'economia globale, che va ben oltre il suo ruolo tradizionale di intrattenimento. È una leva di sviluppo, driver di crescita sostenibile e di occupazione, di innovazione. I numeri raccontano una storia chiara: lo sport non è un settore marginale, ma un comparto industriale in rapida espansione. Il valore globale dell'industria dello sport ha superato i 506 miliardi di dollari nel 2024, con proiezioni che stimano una crescita fino a 629 miliardi entro il 2028. In Italia il settore genera annualmente 24,7 miliardi di euro, pari all'1,38% del PIL nazionale. Per crescere industrialmente però lo sport in Italia deve aprirsi di più al cambiamento e all'innovazione tecnologica, con un mercato Sport Tech a livello globale in continua crescita che si prevede possa raggiungere 59 miliardi di dollari entro il 2030. Il settore sportivo può diventare un laboratorio di innovazione e un volano di sviluppo economico. Con l'avanzare della digitalizzazione, l'aumento della domanda di sport outdoor e il crescente interesse per soluzioni sostenibili, le prospettive di crescita restano solide. La sfida è valorizzare l'impatto dello sport come infrastruttura sociale, economica e tecnologica".

Eventi come le Olimpiadi o le grandi competizioni internazionali possono davvero lasciare un’eredità concreta nei territori ospitanti? O il rischio è che siano solo “vetrine temporanee”?

"I grandi eventi sportivi internazionali generano una serie di effetti positivi multidimensionali - basta citare le ATP Finals a Torino o la Ryder Cup di golf a Roma - sotto il profilo economico: pensiamo all'incremento del turismo, alla creazione di occupazione, allo sviluppo e al miglioramento delle infrastrutture, alla promozione del made in Italy, allo sviluppo dell'innovazione e della tecnologia. Inoltre i grandi eventi costituiscono uno stimolo all'economia e alla promozione del brand delle città che ospitano i grandi eventi, con la possibilità di attivare futuri investimenti. Sotto il profilo sociale invece veicolano un importante messaggio di promozione dello sport e della salute e la visibilità e l'entusiasmo generati degli eventi possono incoraggiare la partecipazione sportiva a tutti i livelli, promuovendo stili di vita più attivi e sani tra la popolazione, lasciando un'eredità culturale ed educativa preziosa. L'alleanza sport sociale e sport industriale moltiplica risorse e soluzioni per lo sviluppo del Paese anche a livello internazionale. I grandi eventi devono però lasciare un segno concreto, un'impronta reale di crescita e di legacy: questa è la sfida".

Lei sottolinea l’importanza dello sport come investimento sui giovani. In un’epoca digitale e sedentaria, come possiamo riconnettere i ragazzi all’attività fisica in modo efficace?

"Lo sport può fare realmente fare la differenza nella crescita dei giovani. Però dobbiamo comprendere di più il loro linguaggio e le loro esigenze. Papa Francesco ci ha detto: "Una delle dimensioni positive dello sport nell'era di internet è che offre ai giovani l'opportunità di incontrarsi faccia a faccia mentre sono impegnati in un'attività che suscita passioni". La passione e il gioco insiti nello sport sono gli strumenti che possono rendere anche il linguaggio digitale un mezzo per costruire relazioni e per ridurre il rischio di isolamento e di indifferenza verso gli altri a cui talvolta siamo indotti dalla tecnologia. Per questo va promossa la diffusione della pratica sportiva per combattere la sedentarietà tra i giovani e in particolare tra i bambini, soprattutto nelle famiglie in condizioni socioeconomiche svantaggiate. Può allora essere vincente una filosofia dello sport inteso come strumento per il benessere psicofisico, l'inclusione, la partecipazione attiva e la solidarietà".

Quanto è cambiata, secondo lei, la cultura sportiva in Italia negli ultimi dieci anni? E qual è oggi il principale ostacolo alla sua piena diffusione?

"Lo sport continua a mostrare tutto il suo potenziale, non soltanto come ammortizzatore sociale e come strumento di coesione e di benessere, ma come settore produttivo del Paese, in grado di generare nuovi posti di lavoro grazie a investimenti sempre più importanti e a una continua crescita dell'imprenditoria sportiva.

Però la carenza dello sport a scuola, la mancata diffusione dell'impiantistica sportiva e le difficoltà nell'accessibilità alla pratica sportiva rappresentano delle criticità da superare e questo soprattutto perché lo sport è entrato nella Costituzione diventando un diritto che non può rimanere una disposizione di principio ma che deve essere esercitato in concreto da tutti i cittadini, indipendente dalla condizione economica. Lo sport deve essere di tutti e per tutti perché è il miglior investimento per il futuro: circolare, green, sostenibile, sociale, inclusivo".

  L’ANIMA SOCIALE E INDUSTRIALE DELLO SPORT

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