Politica

L'EUROPA MARCIA E LA TRUFFA LIBICA

L'impresa fatale di Libia si sta rivelando una piccola Suez fondata sulla viltà e sulla menzogna. La caduta di Gheddafi sarebbe una mezza buona notizia, da completare con la nascita di qualcosa di serio e responsabile

L'EUROPA MARCIA 
E LA TRUFFA LIBICA

L’Europa è pro­prio marcia, e il potere ex co­loniale fran­cese, promotore del volo libero e bello sui cieli libici, è sul mar­cio che si muove. Ci siamo mezzo cascati in tanti,all’inizio, seb­bene l’Italia realista e lealista sia stata mol­to diffidente da subi­to. Ora l’impresa fata­le di Libia si sta rive­lando una nuova pic­cola Suez fondata sul­la viltà e sulla menzo­gna. Nel 1956 l’alzata di ingegno anglofran­cese, e la guerricciola bloccata dal solido presidente americano E i ­senhower, portò al ri­lancio del nazionali­smo arabo di Gamal Abdel Nas­ser, a un sempre maggiore insedia­mento sovietico in Egitto e in Medio Oriente, a un indebo­limento di Israele che sfociò nella guerra dei sei giorni, dieci an­ni dopo, con le conse­guenze che sappia­mo e che durano tut­tora. Fu un disastro, ma nel grande scena­rio della Guerra fred­da e della consunzio­ne imperiale d’Euro­pa. Questa aggressio­ne a un dittatore in pensione, per soli sco­pi di politica interna ed elettorale, è un pic­colo disastro, un pic­colo delitto e, peggio ancora, un grande er­rore. La vanità bellica europea è in un certo senso peggiore della paranoia annoiata del Colonnello, ex ter­rorista in terra e in cie­lo ridotto alla sua ver­sione commerciale dall’eroica liberazio­ne­americana dell’Af­ghanistan e dell’Irak, che lo piegò a una re­sa furba, lui e la sua fa­miglia di finanziatori delle Università dove si conciona di diritti umani universali e si organizzano feste di laurea a tariffa piena per suo figlio Saif al Islam. C’è più verità nella video intervista del giornalista Amedeo Ricucci che nel di­scorso di Obama e nelle video interviste di D’Alema o nelle esi­bizioni del boulevar­dier dei droits de l’homme Bernard­ Henri Le­vy, questi guerrieri ri­luttanti dei miei stiva­li. E sono contento che la Chie­sa cattoli­ca si stia ti­rando fuo­ri dall’im­piccio, con quel suo vescovo di Tripoli che a Tripoli è resta­to, al contrario dei si­gnori ambasciatori e di molto altro perso­nale dei diritti umani occidentali. Per non parlare del Pentago­no e della Cia, che cer­cano di sanare i gua­sti dei portatori di ke­pì blanc e delle loro inutili frenesie, e se ne stanno tornando rapidamente a casa. Il marcio dell’Euro­pa è nel travestimen­to umanitario, a fini di politica interna e di vanità personale del­l­’Iperpresidente fran­cese, di una guerra fal­sa, che si vuole inodo­re, insapore, perfino aromatica, senza vitti­me civili dei bombar­damenti secondo i media arruolati voluttuosamente, senza ca­po né coda secondo chiunque eserciti il buon senso politico. Tut­to nasce da quella balla che l’in­viato di guerra Ricucci ha denun­ciato in solitario: le fonti di disin­formazione erano tutte dalla par­te dei ribelli ed erano piazzate tra Bengasi e Londra, i diecimila mor­ti fatti da Gheddafi non esistono, i bombardamenti del raìs contro il suo popolo sono un’invenzione macabra, le fosse comuni lancia­te in tv erano un piccolo cimitero marino d’antan, la solita emitten­te Al Jazeera imbrogliava le carte e voleva rifarsi non si sa quale ver­ginità sul terreno molle di un Gheddafi odiato dagli islamisti puri e duri, la piazza Tahrir libica era la decomposizione clanica della Cirenaica e una minaccia di guerra civile pendente su poteri insieme risibili e paranoici, che una politica di deterrenza fonda­ta sulla disponibilità all’uso della forza e su dure sanzioni commer­ciali avr­ebbe ridotto in breve a tor­nare nella normalità. I migranti ri­fugiati libici a sorpresa non ci so­no o sono in numero trascurabi­le, ci sono invece quelli tunisini, eritrei e somali, che segnalano una nuova crisi mediterranea tut­ta a spese dell’Italia, Paese aperto ma bloccato dallo scandaloso mu­ro europeo eretto dai cugini fran­cesi a Ventimiglia. Le false informazioni sulle armi di distruzione di massa di Sad­dam sono un incidente irrilevan­te rispetto alle balle di Bengasi, vi­sto che il reattore nucleare di fab­bricazione francese di Osirak, di­strutto nel 1981 dall’aviazione israeliana, non era un’invenzio­ne, e non erano invenzioni l’inva­sione del Kuwait, la sanguinosa guerra con l’Iran, il gas per i curdi e per gli sciiti a decine di migliaia e altri prodigi di destabilizzazio­ne saddamita dell’ordine politico negli anni intorno all’11 settem­bre. La guerra di Bagdad fu assun­zione di responsabilità tragica, cambio di regime e costruzione di una nuova misura costituziona­le per un Paese cardine del Medio Oriente. Fu una dura e necessaria scommessa da parte di una nazio­ne e di una presidenza che sapeva­no di pagare e far pagare un prez­zo tremendo per una sfuggente ma decisiva vittoria sul fronte del­l’islamismo politico e dei regimi canaglia. In Libia si vede il freddo speri­mentalismo politico on the che­ap , a costo ribassato, dello stesso ceto politico francese, anche allo­ra alleato del tribunale internazio­nale umanitario dei mass media, che divise l’Occidente alla sua ve­ra prova di volontà e di passione democratica, e sempre in stretta alleanza con la burocrazia delle Nazioni Unite, sportello per certi­ficati falsi di legalità e illegalità della guerra.

La caduta di Ghed­dafi sarebbe una mezza buona no­tizia, da completare con la nasci­ta di qualcosa di serio e di respon­sabile nel governo di quel Paese, roba che non si vede nemmeno alla lontana, ma il modo scelto per combattere la sua declinante e periferica paranoia ha il retrogu­sto dell’esibizionismo e della truf­fa.

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