L'ex bengodi di Sigonella messo ko dalla fuga dei marines

Il terrorismo ha costretto i soldati Usa a vivere in luoghi più protetti. Oggi case e negozi sono vuoti e il paese è andato in crisi

L'ex bengodi di Sigonella messo ko dalla fuga dei marines

Alle tre del pomeriggio, nel centro del paese, ci sono solo tre anziani seduti davanti a un bar a raccontarsi la giornata. In ogni strada occhieggiano dai portoni come vecchie prostitute cartelli arrugginiti con scritto «vendesi». Tutto intorno il silenzio della controra sotto un cielo inondato di luce, solcato dagli aerei in atterraggio verso Catania Fontanarossa. Eppure qui, fino a qualche anno fa, i locali traboccavano e i ragazzi giravano in t-shirt anche l'inverno, per fare gli americani. Con gli americani il paese si era arricchito, lucidato e ampliato, oasi di affari in una terra da far west etneo, uno sperone che si innalza su una piana schiaffeggiata dal sole, colline arse e agrumeti, tagliata da un'autostrada che seziona come un radar il centro della Sicilia fino a Termini Imerese. Ora la musica si è spenta, la festa è tornata un bianco e nero. Sigonella non dà più il pane.

Siamo nello spicchio della Sicilia militare, segreta, lo scrigno dei droni, l'occhio del Mediterraneo, un dedalo di provinciali che cavalcano pianori e colline a densità abitativa irrilevante, contornate da chioschi come piccole route 66: è Sigonellaland, il feudo della base aeronavale americana più importante del quadrante sud-est del mondo. Nessun altro luogo della Sicilia ha mai potuto fiorire di ospiti economicamente affidabili come questa terra di basalto dominata da un castello da avvistamento normanno, dove secondo le leggende si spalancò l'ombelico dell'Etna.

Motta Sant'Anastasia, una storia antica come un vulcano, è il paese della base di Sigonella, sette chilometri dal villaggio Nas 1 (Naval Air Station) degli americani e una ventina da Nas 2, quella che ormai è diventata da pochi mesi una base Nato, cuore interforze per ricognizioni nelle terre calde oltre il Mediterraneo. È cambiata Sigonella: non è più enclave americano ma sempre più europeo. Motta però soffre, si sbriciolano tra le mani quelle case che in Sicilia non si erano mai viste, dotate di comfort richiesti espressamente dalla base Usa. Decine di appartamenti erano stati ristrutturati fino agli anni 90, aria condizionata, porte blindate, impianti gas elettrici perfettamente a norma, perché questi erano i requisiti richiesti dal servizio Housing di Sigonella, e affittati a prezzi d'oro. «Perché chilli raccontano gli unici abitanti delle tre del pomeriggio senza l'aria condizionata nelle case non ci entrano proprio».

Tutti parlavano americano in questo piccolo Comune della Sicilia a ovest di Catania eretto su uno sperone di lava, una roccia di 500mila anni fa chiamata neck, materia per geologi di tutto il mondo e garanzia di inespugnabilità militare dai tempi antichi. Ci sono stati matrimoni e figli, gli ospiti hanno cambiato i costumi, la mentalità, anche i menù dei ristoranti, sono arrivati gli hamburger e le pinte di birra hanno spodestato l'amaro al pistacchio, tanti mottesi si sono lanciati nel cemento, aspettando la conferma di un benessere che faceva invidia a tutta la regione. Poi, dopo l'11 settembre 2001, la stretta sulla sicurezza, la necessità, per gli americani della base, di risiedere in posti più protetti: da qui la nascita dei villaggi, con villette a schiera dedicate. Ma anche alcune politiche abitative dirette da mediatori ufficiali e non ufficiali hanno dirottato gli americani verso altre zone della piana etnea, a discapito di Motta. E così il business è diventato una sconfitta. C'è ancora qualche marine che arriva, ma gli americani residenti nella cittadina ora sono soltanto quattordici. Quattordici su oltre 12mila abitanti, e con un aumento esponenziale di etnie straniere, primi i romeni, 187 all'anagrafe. Ora Motta spera che la conversione in base Nato imponga a molti militari europei ce ne sono numerosi dalla Spagna e dall'Olanda di abitare i metri cubi lasciati liberi dai marines. Ma per ora il mercato non si muove e l'aria diventa sempre più asfittica, per colpa di una megadiscarica che, secondo il governatore Crocetta, dovrebbe accogliere, con Lentini, il 60% dei rifiuti della Sicilia.

A Motta il centro storico con il suo castello che guarda la piana squadernata di Catania e il mare è sempre più cadente. Il monumento geologico su cui posa il paese è contornato da baracche. Un pezzo del neck, lungo la passeggiata panoramica, è addirittura crollato prima dell'estate. Enormi massi hanno imposto la chiusura della strada, ed è stato un miracolo che la frana non abbia provocato vittime. Solo nel mese di agosto le vie del centro storico si animano con la festa medievale, con cavalieri, dame, giullari. Il paese torna dei mottesi. Gli americani, le loro manie e «tutte cose», meglio che non ci siano più, dicono i tre del bar. Colpa loro poi, ridacchiano, se la zona si è riempita di prostitute. Di Motta a Catania e provincia si parla infatti per la discarica, per la roccia che si sgretola e per le operazioni antiprostituzione dei carabinieri sulla provinciale 12. Scendiamo dal paese verso la base Nas 1. Sulla Catania-Gela alcune donne attendono i clienti sotto ombrellini da spiaggia. Una di loro vive in una cabriolet carta da zucchero, tra il verde del grano che inizia a bruciare e i casolari abbandonati. Le strade sono più trafficate da sei mesi a questa parte. All'hotel Sigonella Inn spesso capita che si registri il tutto esaurito, nemmeno una stanza libera. I tassisti lavorano moltissimo.

Gli europei amano lo shopping in via Etnea, a Catania, tra i vialetti del villaggio yankee si intravedono invece file di tavole per il surf nei giorni di vento. La statale 192, che unisce i due Nas, è una little America in Sicilia: dal finestrino sfilano chioschi di plastica, insegne di «auto repair», U.S experience, quattro locali di striptease dai nomi scontati, Red Lips, Love Story, dove si affacciano anche gli italiani per gli addii al celibato. Le auto che la percorrono hanno tutte targhe rigorosamente italiane. «Per ragioni di sicurezza», ci viene spiegato. Anche se adesso qui si parlano tutte le lingue del mondo. Persino un clochard, che da tempo staziona davanti al Nas2 con i suoi cani, se n'è accorto.

Cambiano molte cose in questa piana che sembra un pezzo di frontiera texana, afa acquosa per l'effetto della Fata Morgana sull'asfalto rovente. Gli americani si fanno i villaggi e il magma di Motta continua a sgretolarsi.

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