L'ex vice del dittatore: "Il governo è una mafia ma ha i mesi contati"

Edmundo Jarquìn: "Daniel e la moglie sono spietati. Il popolo gliela farà pagare"

L'ex vice del dittatore: "Il governo è una mafia ma ha i mesi contati"

«Speriamo che la Comunità internazionale, l'America latina e l'Organizzazione degli Stati americani non si occupino troppo tardi del Nicaragua come hanno fatto col Venezuela». L'augurio è di Edmundo Jarquín, sandinista storico che tra 1979 e 1990 fu ministro per la cooperazione internazionale ed ambasciatore in Messico e a Madrid. Con l'ex vice della prima presidenza Ortega (1985-90) - lo scrittore pluripremiato Sergio Ramírez - negli anni 90 si dissocia dall'orteguismo, di cui denuncia la vena autoritaria ed il nepotismo e fonda il Movimento Rinnovatore Sandinista, con cui si candida alla guida del Paese nel 2006. Sconfitto vince con brogli evidenti Ortega che, da allora, non lascia più il potere stravolgendo più volte la Costituzione pro domo sua è molto legato al Cile, dove nel 1965 s'iscrisse alla gioventù della Democrazia Cristiana e dove studiò sino al golpe di Pinochet. Ieri è stato intervistato a Santiago da Fernando Fuentes, del quotidiano cileno La Tercera e le sue risposte, che qui riportiamo per sommi capi, sono illuminanti per capire meglio il Nicaragua di oggi.

«La rivolta studentesca ha ottenuto subito l'appoggio della classe media e dei poveri perché ha unito tutte le malefatte commesse nel recente passato da Ortega e da sua moglie contro la nostra società». Quali? «Il controllo mafioso nelle università della filogovernativa Unione degli Studenti, l'obbligo di prendere la tessera del partito di governo per avere benefici sociali, le frodi elettorali, mille cose. Poi la repressione degli sgherri armati di Ortega e della polizia ha gettato benzina sul fuoco».

Analizzando quel 19 aprile destinato a fare la storia del Nicaragua, Jarquín sottolinea come «non sia stata una ribellione da intendersi come cospirazione» bensì dell'«unione di una lunga serie di soprusi di Ortega contro la popolazione, compresa l'esclusione di ampi settori del sandinismo dalla logica di lottizzazione di Ortega del FSLN», il partito che prese il potere nel 1979. Dopo questi ultimi giorni «è finito il sogno degli industriali che avevano coltivato l'illusione di separare l'economia dalla democrazia perché Ortega non potrà più, come fatto sinora, assicurare la stabilità in Nicaragua con l'autoritarismo».

Quanto si somigliano oggi Venezuela e Nicaragua? Per Jarquín «molto in quanto alla repressione spietata che entrambi i regimi praticano» e «per l'assenza di opportunità elettorali davvero democratiche». Poco o nulla, invece, «nelle politiche economiche (il Pil del Nicaragua è cresciuto di oltre il 4% nel 2017, nda), ai rapporti con gli Usa ed al ruolo dell'esercito, appiattito sulle posizioni chaviste a Caracas e ancora ragionevolmente istituzionale nel mio Paese».

Molti accusano la moglie di Ortega, Rosario Murillo la cui figlia Zoliamérica violentata dal patrigno dittatore vive oggi negli Usa di ricattarlo ed essere la vera guida del regime di Managua. Su questo l'ex ministro sandinista ha un'idea ben precisa: «No, i due sono due facce della stessa medaglia, hanno cercato di costruire una dinastia familiare dispotica e bisogna evitare di considerare lei come la cattiva e, di riflesso, lui come il buono. In realtà Murillo fa solo ciò che vuole Ortega».

Sul futuro del Nicaragua, Jarquín non è pessimista.

«Primo perché la richiesta di tutta la società è che Ortega e sua moglie se ne vadano tramite elezioni anticipate (la scadenza naturale è nel 2021, nda) alle quali non possano candidarsi. La seconda, più sottile, è la pubblica ma ferma presa di posizione dell'esercito di non reprimere».

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