Libano, caccia agli uomini di al Qaida

L’esercito libanese ha bombardato anche oggi per il ventesimo giorno consecutivo le postazioni di Fatah al Islam nel nord del Libano, mentre, all’indomani del quinto attentato dinamitardo a Beirut e dintorni in 20 giorni, l’intelligence militare è impegnato nella caccia a cellule di al Qaida che si annidano nel Paese

Libano, caccia agli uomini di al Qaida

Beirut - L’esercito libanese ha bombardato anche oggi per il ventesimo giorno consecutivo le postazioni di Fatah al Islam nel nord del Libano, mentre, all’indomani del quinto attentato dinamitardo a Beirut e dintorni in 20 giorni, l’intelligence militare è impegnato nella caccia a cellule di al Qaida che si annidano nel Paese.
Violenti combattimenti sono ripresi in mattinata nel campo di profughi palestinesi di Nahr al Bared, un centinaio di km a Nord della capitale, allo stesso temp, l’artiglieria ha martellato un bunker sotterraneo in cui si ritiene si siano rifugiati il leader del gruppo e il suo vice, Shaker al Absi e Abu Huraira.
Il quotidiano an Nahar ha scritto che Absi sarebbe rimasto ferito ad un braccio e Abu Huraira all’addome nel corso degli scontri, che negli ultimi due giorni avevano registrato un rallentamento, per dare la possibilità di condurre una mediazione. Fatah al Islam si ispira ad al Qaida, di cui una «cellula» è stata smantellata mercoledì nella valle della Bekaa, dove sono stati arrestati tre sospetti e sono state scoperte tre autobomba. Ventiquattro ore dopo, un ordigno è esploso, nella serata di ieri, in una zona cristiana a Nord di Beirut, causando la morte di un uomo e il ferimento di altri tre.
Secondo quanto scrive oggi il quotidiano L’Orient le Jour, un membro saudita della cellula smantellata, Fahd bin Abdel Aziz el Maghames, aveva collegamenti con un gruppo capeggiato da Abu Hamza al Mouhajr. Si tratterebbe del nome indicato più volte come quello del capo di al Qaida in Iraq, noto anche come Abu Ayyub al Masri. Gli altri due sospetti sono di nazionalità siriana, identificati come Ahmad Osseily e Mohammad Abdel Rahim.
Infiltrati dall'Irak Il giornale ha inoltre scritto che Ahmad Merhi, un libanese membro di Fatah al Islam arrestato di recente a Beirut, ha rivelato nel corso degli interrogatori di aver agito in base agli ordini di «ufficiali siriani» i cui nomi sarebbero noti alle autorità giudiziarie libanesi. Mehri ha inoltre confessato di aver agito nell’ambito di Fatah al Islam per reclutare siriani e iracheni da impiegare in combattimenti in Libano e Iraq, ha aggiunto la stessa fonte, mentre l’agenzia Nna ha scritto che la polizia di frontiera ha arrestato oggi 12 persone, in gran parte iracheni, che tentavano di entrare in Libano utilizzando passaporti falsi. In mattinata fonti giudiziarie hanno inoltre reso noto che Fatah al Islam progettava attentati contro la Forza interinale dell’Onu (Unifil) schierata nel Sud del Paese, della quale fanno parte anche 2.500 caschi blu italiani.
"Colpire le truppe Unifil" Alcuni dei 35 appartenenti al gruppo arrestati e incriminati per atti terroristici «hanno confessato che uno dei principali obiettivi del loro gruppo era quello di compiere attacchi militari contro l’Unifil nel Sud del Libano», hanno detto le fonti.

Gran parte dei combattenti islamici arrestati durante raid delle forze di sicurezza, o mentre tentavano di fuggire dal campo di Nahr al Bared, o che si sono consegnati, sono libanesi, ma tra loro ci sono anche siriani, sauditi, palestinesi.

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