Mariateresa Conti
da Palermo
Si erano difesi a spada tratta. Avevano sostenuto che non potevano fare altrimenti, sulla base delle carte a loro disposizione, a meno di stravolgere la legge. Avevano pure ricordato che non erano stati loro i primi a permettergli di uscire dal carcere, perché aveva già fruito di permessi premio. Ma la loro autodifesa non è bastata. È stata infatti avviata l'azione disciplinare nei confronti di Pietro Cavarretta e Gabriella Gagliardi, i giudici del Tribunale di sorveglianza di Palermo che nel novembre del 2004 hanno concesso la semilibertà ad Angelo Izzo, il beneficio che ha consentito al mostro del Circeo di tornare a uccidere, di trucidare una madre e una ragazzina di soli 14 anni. L'avvio del procedimento nei confronti dei due magistrati in servizio a Palermo è stato reso noto ieri dal ministro della Giustizia Roberto Castelli.
«Il ministro - spiega un comunicato - con nota del 27 luglio 2005 ha richiesto al procuratore generale della Corte suprema di Cassazione di promuovere l'azione disciplinare nei confronti del dottor Pietro Cavarretta e della dottoressa Gabriella Gagliardi, giudici presso il Tribunale di sorveglianza di Palermo, per condotte aventi rilevanza disciplinare poste in essere nella procedura che ha portato alla concessione al detenuto Angelo Izzo del regime di semilibertà». La stessa nota precisa che la richiesta è stata «conseguente agli accertamenti svolti dall'Ispettorato generale, in sede di inchiesta amministrativa, presso i Tribunali di sorveglianza di Palermo e Campobasso».
Amaro, pur nella soddisfazione, il commento dei legali della famiglia Maiorano, gli avvocati Stefano Chiriatti e Francesca Conte, che proprio due giorni fa avevano annunciato l'avvio di un'azione di risarcimento danni contro lo Stato e in particolare contro i magistrati che avevano concesso al mostro del Circeoo la semilibertà: «Questa risposta - dicono i legali - era dovuta a Giovanni Maiorano e ai suoi familiari. Ma è comunque una risposta molto tardiva, considerato che Maiorano ha letteralmente implorato il ministro Castelli attraverso moltissime lettere per sapere quale era stato l'esito delle ispezioni inviate dal ministero a Campobasso e a Palermo».
Il caso era scoppiato un anno fa, all'indomani dell'arresto di Izzo per il barbaro assassinio di Maria Carmela e Valentina Maiorano. Non c'era infatti voluto molto per accertare che il «disco verde» alla semilibertà del mostro del Circeo era arrivato dal tribunale di Sorveglianza del capoluogo siciliano. Ma i magistrati palermitani avevano fatto quadrato. E pur sconvolti umanamente per l'accaduto, avevano raccontato la loro verità. La dottoressa Gagliardi, relatrice del provvedimento, aveva ricordato che «il suo (di Izzo, ndr) fascicolo personale parlava chiaro: si era sempre comportato bene, secondo le regole e i limiti imposti. Le relazioni testimoniavano i passi avanti compiuti e un generale ravvedimento confermato anche davanti al collegio di Palermo. Sembrava - aveva detto - veramente pentito». Analoga la posizione del presidente del collegio, il giudice Cavarretta: «Alla fine - aveva detto - abbiamo applicato la legge, tenendo conto che ad attestare la rieducazione di Izzo erano decine di relazioni firmate da medici e assistenti sociali». Il presidente del Tribunale di Sorveglianza di Palermo, Francesco Pinello, era poi stato categorico: «I giudici del Tribunale di sorveglianza di Palermo hanno applicato la legge, altrimenti avrebbero dovuto modificare illegalmente le carte su 29 anni di carcerazione...».
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