È stata necessaria una energica mobilitazione internazionale, ma alla fine il giovane giornalista afghano Sayed Pervez Kambaksh, rimasto quasi due anni in carcere per blasfemia con il rischio perfino di essere impiccato, ha recuperato la libertà e si trova ora al sicuro in un Paese sconosciuto, dopo essere stato graziato in segreto dal presidente uscente Hamid Karzai.
Primo a dare la notizia che in pochi minuti ha fatto il giro del mondo è stato il quotidiano britannico The Independent, impegnato in prima linea per ottenere la sua liberazione con una vigorosa campagna di opinione pubblica e la raccolta di oltre 100mila firme.
Khambaksh, 24 anni, era stato arrestato nellottobre 2007 - quando era studente di giornalismo nelluniversità di Balkh e collaboratore del settimanale Jahan-e-Naw (Mondo Nuovo) - per avere scaricato da internet materiale sul ruolo della donna nellislam, avervi aggiunto dei commenti e averlo diffuso allinterno della sua università. Un comportamento descritto dal pubblico ministero del sommario processo a porte chiuse come il reato di «blasfemia e diffusione di affermazioni diffamatorie nei confronti dellislam». Il tribunale di Mazar-i-Sharif, che lo ha giudicato in assenza del difensore, lo aveva riconosciuto pienamente colpevole il 22 gennaio 2008, infliggendogli la pena capitale. Una spada di Damocle rimasta sulla sua testa fino al marzo scorso, quando una Corte dappello ha trasformato quella tremenda punizione in 20 anni di prigione. Ma anche questa condanna è stata giorni fa cancellata da una grazia concessa in segreto dal presidente Hamid Karzai, forse memore di essersi in passato impegnato con Amnesty International a chiudere in Afghanistan lera delle esecuzioni capitali.
Intanto, mentre continuano gli estenuanti conteggi dei voti espressi nelle presidenziali del 20 agosto, il New York Times denuncia nuovi pesanti brogli in favore di Karzai.
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