La Liberazione d’oro del premier: esce vincitore dall’anno più duro

RomaUn anno vissuto pericolosamente. Che si è aperto il 25 aprile del 2009 con il discorso di Onna e si è in qualche modo chiuso ieri con il messaggio a reti unificate per la festa della Liberazione. Cosa succederà nei prossimi mesi, ovviamente, nessuno può saperlo. Ma di certo c’è che un anno dopo Berlusconi prova a rilanciare la stagione della concordia e dell’unità nazionale. Un modo per riprendere un discorso iniziato sulle macerie del terremoto dell’Aquila e poi bruscamente interrotto da una lunga serie di incidenti di percorso che più volte il premier ha bollato come «aggressione mediatico-giudiziaria». E forse è anche per questo che nello staff del Cavaliere c’è chi teme che gli incidenti non siano finiti, perché «c’è chi da tempo rema contro e aspetta solo il momento giusto per disarcionare Berlusconi».
Lo scorso anno, in effetti, andò un po’ così. Perché la reazione del governo al terremoto d’Abruzzo era stata repentina ed efficace, una conferma dopo che da Napoli erano spariti i rifiuti. E il Cavaliere all’apice della popolarità in tutti i sondaggi che esaltava i partigiani e lanciava la stagione della concordia forse non faceva la gioia di tutti. Fu un’escalation e più volte si ebbe la sensazione che Berlusconi fosse a un passo dal cedere. Con il primo colpo che arrivò proprio da dentro le mura di casa, visto che fu Veronica Lario ad aprire in qualche modo le danze con la sua uscita sul «ciarpame senza pudore». Un affondo che riprendeva, guarda un po’, un articolo sulle veline in lista pubblicato da Farefuturo, webmagazine della fondazione presieduta da Fini. Da lì è stato un susseguirsi e di riconciliazione non s’è più sentito parlare. C’è stato il Noemigate, con allegate le venti domande di Repubblica che per mesi non ha mollato l’osso. Poi è toccato alla D’Addario, con la bufera delle registrazioni, e alle foto «rubate» a Villa Certosa che hanno fatto il giro del mondo e che, per dirne una, sono state l’inizio della fine della carriera politica del premier ceco Topolanek.
Il Cavaliere, invece, alla fine ha retto. A un crescendo fatto di indiscrezioni personali e inchieste della magistratura. Paradossale quella che vorrebbe Berlusconi tra i mandanti delle stragi di mafia del 1993, responsabile insomma della morte di Falcone e Borsellino. Forse, una prima incrinatura di quello che il Cavaliere definisce «l’assedio», visto che l’accusa è tanto iperbolica da lasciare di stucco anche i più accesi antiberlusconiani. Però, si va avanti con il caso Mediaset e il risarcimento danni a De Benedetti e, soprattutto, con il processo Mills e con la Corte Costituzionale che boccia il Lodo Alfano.
Un anno, insomma, a cui forse nessun politico sarebbe riuscito a reggere. E sul quale pesa - proprio mentre stringevano la tenaglia i tanti che in questi mesi hanno lavorato al dopo Berlusconi - l’aggressione di piazza Duomo. È quel 13 dicembre dello scorso anno, infatti, che l’accerchiamento si allenta, con il Cavaliere in ospedale e i messaggi di solidarietà di tutto il mondo politico. Resta sullo sfondo Fini, che continua nei distinguo e in quello che Berlusconi in privato non esita a definire «il controcanto del bastiancontrario». E che va avanti fino a dopo le regionali. Altro passo decisivo per uscire dall’angolo, perché la vittoria inaspettata in Piemonte e Lazio (dove il premier ci mette la faccia e dimostra di essere in grado di far vincere una candidata neanche troppo conosciuta e senza liste) segnano il passo.
Si arriva allo scontro con Fini e al cerchio che si chiude.

Con Napolitano che sabato alla Scala citava proprio il discorso del premier ad Onna e con il Cavaliere che ieri ha voluto riprendere lo spirito di un anno fa e rilanciare la stagione della concordia. Difficile dire come finirà.

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