Libia, Gheddafi è fuggito in Algeria? I ribelli: "Nessuna traccia del raìs"

Giallo su Gheddafi: secondo i ribelli sarebbe fuggito in Algeria. Tre italiani liberati dopo un mese nel cacere di Tripoli. E Lampedusa chiede i danni al Colonnello. REPORTAGE Assalto al carcere anti raìs: in fuga i prigionieri politici. La mappa dei lealisti. FOTO: Tripoli sotto assedio 

Libia, Gheddafi è fuggito in Algeria? 
I ribelli: "Nessuna traccia del raìs"

Tripoli - Il fantasma del Colonnello continua a muoversi. Gheddafi è scomparso nel nulla. Per qualcuno è fuggito in Algeria su una carovana di Mercedes blindate che, secondo alcuni testimoni, nottetempo avrebbero varcato il confine. Ieri la Nato e i ribelli del Cnt erano pronti a scommettere che il Colonnello fosse ancora rifugiato in un bunker a Sirte, la sua ultima roccaforte, ma ora che anche la sua ultima tana è stata espugnata nessuno sa dove sia. Secondo alcuni esperti potrebbe essere nel deserto lungo le rotte dei beduini, spostandosi di oasi in oasi a bordo di jeep o cammelli. Oggi i ribelli issano bandiera bianca e ammettono ufficialmente di aver perso le tracce di Gheddafi e del suo clan.

Fuga in Algeria? In mattinata ha iniziato a circolare la pista algerina, prontamente smentita dal governo di Algeri che ha negato l'ingresso del convoglio. "Sei Mercedes blindate sono entrate venerdì mattina nella città di Ghadames", lo ha affermato questa mattina l’agenzia Mena citando una fonte del consiglio militare libico in questa località di frontiera. Le automobili sono state accompagnate - semrpe secondo l'agenzia di stampa -, fino al loro ingresso in Algeria da una "brigata" (katiba) militare lealista. "Si pensa che (le automobili) trasportassero alti responsabili libici, probabilmente Gheddafi e i suoi figli", ha proseguito la fonte. Algeri ha finora mantenuto una "neutralità rigorosa rifiutando di immischiarsi, in qualunque modo, negli affari interni" della vicina Libia, come ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri Amar Belani. Nonostante la smentita ufficiale molti osservatori continuano ad accreditare l'ipotesi della fuga algerina e il giallo su Gheddafi continua.

Tre italiani in carcere per un mese Un incubo che ricorda l'indimenticabile prigionia del film "Fuga di mezzanotte". Nei gironi infernali delle prigioni tunisine c'erano anche tre italiani che hanno passato un mese in condizioni molto dure e sono stati liberati solo tra domenica e lunedì scorsi, quando i ribelli si sono avvicinati a Tripoli. I tre (Antonio Cataldo, 27 anni, di Chiusano di San Domenico, Luca Boero, 42 anni, di Genova e Vittorio Carella, 42 anni, di Peschiera Borromeo) erano entrati in Libia dalla Tunisia ma sono stati arrestati dalle milizie lealiste che controllavano la zona. Sono poi stati trasferiti in un carcere a Tripoli o nelle vicinanze. Al momento della liberazione, quando gli insorti durante la loro avanzata hanno man mano liberato dalle carceri che incontravano i detenuti anti-Gheddafi, i tre sono apparsi "molto scossi" e hanno riferito di aver subito "violenze" durante la detenzione. Una volta liberi comunque, gli italiani sono stati presi in consegna dai ribelli, che li hanno accompagnati all’Hotel Corinthia di Tripoli, dove si trovano anche molti giornalisti. Domani, assieme ai quattro reporter rapiti due giorni fa dai gheddafiani, torneranno in patria a bordo di una nave che salperà da Tripoli.

"Chiariremo la storia in Italia" Anche la liberazione dei tre italiani è circondata da un alone di mistero. Il ministero degli Esteri e quello dell’Interno hanno smentito che siano agenti di sicurezza privata. Giallo accresciuto dalle parole di Luca Boero alle telecamere del CorriereTv: "Ulteriori chiarimenti sulla nostra storia li daremo quando saremo rientrati in Italia, perché qui in Libia non ci sentiamo sicuri.

L’unica cosa che possiamo dire è che siamo stati presi in Tunisia, dove avevamo un incontro vicino a Bengarden, e poi consegnati alle forze regolari del vecchio governo di Gheddafi". Boero è un body guard che ha lavorato in numerosi locali notturni di Genova come addetto alla sicurezza. Nel frattempo continua la caccia al raìs.

 

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