La Libia si scusa, ma forse è troppo tardi

I libici si scusano, il ministro dell’Interno Roberto Maroni parla di «grave incidente», ma la polemica esplode sul peschereccio italiano mitragliato in maniera assurda da una nostra motovedetta ceduta a Tripoli. Interviene anche la chiesa e l’opposizione spara a zero sul governo e il trattato di amicizia con Gheddafi. Però dimentica, per malizia o ignoranza, che l’accordo delle motovedette consegnate ai libici, con personale italiano a bordo, era stato siglato a fine 2007 da Giuliano Amato ministro dell’Interno del governo Prodi.
Domenica sera i libici intercettano il peschereccio Ariete, di Mazara del Vallo, al largo delle coste libiche. Tripoli considera il golfo della Sirte cosa sua, fino a 62 miglia, ma le regole marittime internazionali ne concederebbero solo 12. La motovedetta regalata dagli italiani spara bucherellando lo scafo. A bordo ci sono anche sei uomini delle Fiamme Gialle, due ufficiali e quattro sottufficiali, con compiti tecnici e senza alcuna autorità di comando. L'Ariete sfugge all’abbordaggio e torna a Lampedusa.
«La Libia si è scusata», per bocca del suo ambasciatore in Italia e del comandante della guardia costiera, annuncia ieri mattina Maroni. Pure il ministro degli Esteri di Tripoli, Moussa Koussa, ha telefonato al responsabile della Farnesina, Franco Frattini. Quanto ai finanzieri italiani, «ovviamente non sono stati coinvolti nelle operazioni - ribadisce Maroni - perché non fanno parte dell’equipaggio. La mia opinione è che si sia trattato di un incidente, grave ma appunto un incidente». Per Maroni i libici potrebbero aver pensato a una barca che trasportava clandestini, ma in ogni caso l’accordo delle motovedette non prevede certo di sparare. «Era evidente chi fossimo: pescatori italiani. Glielo avevo detto prima dell’attacco. Hanno sparato per colpirci e potevano ucciderci» ribatte Gaspare Marrone, il capitano del peschereccio. Secondo Marrone ad intimare l’alt, via radio, è stato qualcuno a bordo della motovedetta che parlava perfettamente italiano. E che ha detto: «Fermatevi o questi vi sparano», riferimento abbastanza evidente ai libici.
Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha sostenuto che il comandante dell’Ariete «sapeva di pescare illegalmente». Marrone ribatte piccato all’accusa giurando che si trovava in acque internazionali. Il problema è che i libici non le riconoscono: Gheddafi fin dal 1973 stabilì «una linea della morte» fino al 32imo parallelo. «Siamo preoccupati per la facilità con cui si mette mano alle armi - ha dichiarato Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e responsabile problemi giuridici della Cei -. Preoccupa molto che non ci sia alcuna iniziativa politica che affronti la questione della competenza sulle acque del Mediterraneo». Ieri Frattini ha ribadito che il governo italiano «sta cominciando a lavorare per definire un accordo di pesca italo-libico». La procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta per tentato omicidio plurimo a carico di ignoti e sentirà i finanzieri che erano a bordo della motovedetta libica. Il ministro degli Esteri risponderà oggi alla Camera alla levata di scudi dell’opposizione. Tutti chiamano in causa il trattato di amicizia italo-libico, firmato da Berlusconi e Gheddafi, che non ha nulla a che fare con questa vicenda. Il 29 dicembre 2007 è stato Giuliano Amato a siglare a Tripoli l’accordo per la consegna di sei motovedette ai libici, delle quali le prime tre sono state consegnate dal ministro Maroni nel maggio del 2009 a Gaeta.

L’accordo prevedeva che a bordo e nel centro radar a terra ci fosse del personale militare italiano con compiti tecnici, ma adesso il Viminale vuole rivedere tutto. L’operazione puntava al contrasto dell’immigrazione clandestina e non era prevista alcuna licenza d’uccidere.
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