Roma - Chi sono i politici italiani che hanno conti nel Liechtenstein? Questa domanda aleggia nella campagna elettorale delle liste «pulite», dopo l’esplosione dello scandalo dei sospetti evasori con conto corrente a Vaduz che riguarda 3 continenti e, nel nostro Paese, imprenditori, professionisti e almeno 2 politici.
Impazza la caccia ai titolari dei conti sospetti, dal governo si pretende chiarezza sui personaggi coinvolti prima delle elezioni e Rocco Buttiglione si autosegnala, assicurando di non aver nulla da nascondere. I ministri Antonio Di Pietro, Paolo Ferrero e Alfonso Pecoraro Scanio vogliono che gli elenchi siano diffusi subito, come Piero Fassino che teme strumentalizzazioni. E il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, propone: «Esponiamo al ludibrio della Nazione i grandi evasori». Vuole la gogna mediatica per chi ha «messo il Paese in condizione di non avere soldi per fare un asilo per i bambini». Non servono pene più severe per gli evasori, per il leader del Prc, ma «bisogna cercarli» e il governo italiano dovrebbe battersi in Europa per «sanzioni contro i Paesi che ospitano gli evasori». Quanto all’eventuale scelta di Visco in un suo governo, Bertinotti dice che forse lo chiamerebbe, ma chiedendogli «di fare più apertamente una battaglia politica sull’evasione fiscale».
Il primo e unico nome che viene fuori sui correntisti di Vaduz è quello del presidente dell’Udc, che spiega di aver aperto un conto, dove oggi ci sono solo 3mila euro, perché è stato professore e corettore della International Academy of Philosophy del Liechtenstein. Dopo aver smesso di lavorare lì Buttiglione l’ha lasciato aperto «nella romantica speranza di tornarci un giorno». Nessun problema sul suo conto, osserva il radicale Maurizio Turco, ma è inesatto che il sistema del Liechtenstein sia «come quello di un qualunque Paese» e che lì siano «molto rigorosi per riciclaggio e mafia». E chiede, polemicamente: «Sono altrettanto rigorosi sui fondi neri ai partiti? Mentre lavorava lì ha per caso introdotto qualcuno presso qualche banca in Liechtenstein? Conosce qualcuno che ha conti in Liechtenstein?».
Il leader del Pd, Walter Veltroni, definisce i condoni «sbornie momentanee che diseducano» l’Italia. «Vorrei un Paese che - dice - mentre contrasta quei furbacchioni che sono andati a portare i soldi in Liechtenstein, eviti di tartassare tanti piccoli imprenditori e artigiani». Ci vuole un fisco «che non metta tutti sullo stesso piano»: che faccia riportare in Italia i soldi a chi li ha a Vaduz, ma che rispetti i «tanti contribuenti leali». Guido Crosetto di Fi gli ribatte di «informarsi bene all’interno del suo ex partito e nei mondi collaterali ad esso», perché «le scalate bancarie insegnano». L’azzurro ironizza sul fatto che artigiani e commercianti, considerati dal Pd e da Visco «fino a 15 giorni fa nemici da combattere», oggi sono «povere vittime».
Piero Fassino chiede al ministero dell’Economia di accertare se i depositi sono legali o no e di rendere pubblica la lista di eventuali evasori, «anche per evitare veline e veleni, quel gioco al massacro che è già cominciato». Di Pietro è preoccupato: «Da cittadino e da leader di partito impegnato nella redazione delle liste di candidati per le politiche - dice il leader dell’Italia dei valori - ritengo di avere il diritto di sapere i nomi quantomeno dei politici coinvolti per evitare di ritrovarmi a candidare persone che poi invece non hanno tempo per venire in Parlamento perché sono impegnate ad andare in tribunale». Anche il ministro del Prc Ferrero teme che «la lotta all’evasione fiscale sia trasformata nel solito feuilleton italiano» e pretende «piena luce» su questa vicenda.
Per il leader dei Verdi Pecoraro Scanio gli italiani devono conoscere la verità: «Così si vedrà che probabilmente lo schieramento della Sinistra arcobaleno è l’unico a non avere persone che fanno gli evasosri fiscali o tengono conti bancari all’estero».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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